Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La Cisl: «I fondi del welfare sanitario usino anche le strutture pubbliche»
MOGLIANO VENETO (TREVISO) E se i fondi delle casse previdenziali integrative dei lavoratori veneti andassero almeno un po’ nelle sanità pubblica, anziché confluire, attraverso mille convenzioni, di fatto solamente nel saldo delle parcelle delle strutture private? Il tema è stato riproposto ieri dal segretario generale della Cisl regionale, Onofrio Rota, sviluppando a margine un passaggio della relazione pronunciata in apertura del congresso, a Mogliano. In altri termini, se le prestazioni mediche di cui i dipendenti delle aziende locali usufruiscono grazie alle risorse delle rispettive casse di categoria fossero erogate da ospedali ed ambulatori delle Asl regionali, intanto vi potrebbe essere un risparmio per il paziente convenzionato e, in secondo luogo, arriverebbero soldi freschi utili all’intero sistema regionale della sanità.
«Adesso che l’interlocutore per le convenzioni è unico, cioè l’Azienda ‘Zero’, questo si può fare – ha spiegato Rota –. E in questo senso abbiamo promettenti dialoghi aperti con il direttore generale, Domenico Mantoan». Il percorso va inteso come un affiancamento alla sanità privata, comparto che esprime nel suo complesso dati di crescita molto robusti, non certo come una sua sostituzione. Lo spirito è di riversare risorse che giungono dall’economia locale, attraverso strumenti di welfare integrativo (cioè la destinazione di componenti aggiuntive della busta paga a benefici per il lavoratore e la sua famiglia) su strutture territoriali che si reggono sulla fiscalità regionale.
«È’ un argomento che, nelle sue linee generali, porterò al congresso nazionale – prosegue il segretario Cisl – perché i numeri che abbiamo a disposizione in Italia destano una certa impressione. I fondi previdenziali integrativi raccolgono oggi circa 200 miliardi di euro, dei quali solo il 3 per cento rimane in Italia, mentre il resto va nel circuito internazionale della finanza».
Questo mentre sono pochissimi, o del tutto assenti, fuori dal Veneto, i casi pionieristici come quello di Solidarietà Veneto che fino ad oggi ha potuto reinvestire sull’economia reale locale (in aziende come Pasta Zara o Rigoni, o nei minibond degli acquedotti) qualcosa come 70 milioni di euro provenienti da componenti di salario integrative e con la garanzia di Veneto Sviluppo. Un modello dunque più evoluto e virtuoso rispetto al tradizionale, quanto meccanico, affidamento delle risorse raccolte ad anonime società di intermediazione finanziaria.
Il fatto è, ragiona ancora Rota, che «le relazioni industriali nella nostra regione hanno la loro migliore declinazione nella bilateralità, alla quale sono iscritti 478 mila lavoratori. Nell’ambiente c’è però un gran disordine, c’è la possibilità di fare molto di più migliorando l’organizzazione ed è quello che stiamo provando a fare con Arsenale 2022».
Nel documento di oltre 20 pagine stilato dal segretario, intitolato «Il Veneto connesso», fra i molti argomenti c’è quello del transito verso la «quarta rivoluzione industriale», identificata con l’era del 4.0, «come tutte le precedenti, accompagnata da visioni contrastanti e contrapposte». Ad iscriversi fra i più tiepidi è stato ieri, nel suo intervento nella prima giornata del congresso regionale Cisl a Mogliano, Luca Zaia, presidente della Regione. «La nostra economia è ancora molto manifatturiera, non appartengo – ha detto - a quella categoria di persone che pensano che i veneti possano vivere di ‘app’ e di digitale». Oggi la seconda e conclusiva giornata del congresso, con l’elezione dei delegati.
Rota Trattativa aperta con l’azienda zero e il direttore Mantoan