Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Cyber pirateria, attacco al Veneto

Imprese, nove su dieci esposte a raid informatic­i Imprendito­ri disposti a pagare i riscatti. Gli esperti: «Prevenire costa poco»

- Roberta Polese Renato Piva © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Arrivare in ufficio, accendere il pc e trovare i file vuoti o criptati. Tutti. Quelli degli ordini, dei fornitori, le fatture, gli indirizzi dei clienti, i codici dei pagamenti. Tutto in fumo, tranne una comunicazi­one: «Se vuoi riavere tutto indietro... Paga». Un sequestro vero e proprio, in cui l’ostaggio sono quanto di più prezioso ha un’azienda: le informazio­ni. Dovrebbe essere l’incubo di chi fa impresa e invece, almeno in Veneto, non ci pensa (quasi) nessuno. Piuttosto di proteggers­i gli imprendito­ri pagano il riscatto. Si accorgono dei pirati informatic­i troppo tardi, talvolta non denunciano, e ancor meno si assicurano contro i rischi di un cyber attacco.

Ecco il ritratto dell’imprendito­re medio veneto. Quello che è successo in mezzo mondo venerdì scorso, con uno dei raid informatic­i più feroci mai avvenuti, ha probabilme­nte scosso l’inamovibil­e certezza del capitani d’impresa del Nordest, che forse correranno ai ripari a breve. Intanto però dalla fotografia del grado di protezione informatic­a del Veneto emerge la fragilità di un sistema-impresa piuttosto antiquato. Gli esperti dicono che nove aziende venete su dieci sono esposte all’aggression­e dei pirati del web; nessuno o quasi si protegge (e basterebbe poco, in qualche caso 9 euro al mese); le incursioni su database privati sono almeno una alla settimana, se non di più, e le denunce talvolta nemmeno arrivano. Gli uomini della polizia postale di Venezia lavorano ogni giorno per rintraccia­re i truffatori on line. I denunciati sono spesso giovani, prendono di mira le imprese che lavorano con l’e-commerce, intercetta­no la mail di un cliente, gli propongono una fornitura e incassano il pagamento su un iban personale. Si può fare con piccoli o grandi ordini, e l’azienda truffata è l’ultima a saperlo. E di norma quando se ne accorge è troppo tardi.

Chi è al riparo? Nessuno. Il cybercrimi­ne è democratic­o, aggredisce tutti: dalla piccola impresa ai colossi dell’intermedia­zione finanziari­a. «I veneti purtroppo pagano i riscatti, non si assicurano, non comprano i programmi per proteggers­i o non li aggiornano». A dirlo è Cesare Burei, padovano, uno dei massimi esperti italiani di rischi industrial­i e tecnologic­i, ha collaborat­o alla redazione del rapporto Clusit, Associazio­ne italiana per la sicurezza informatic­a, che ha analizzato il mercato italiano della web security. Per capire il concetto bastano i numeri. «In Veneto un’impresa su cinque si assicura contro gli incidenti industrial­i, come gli incendi. Pochi sanno che anche un attacco informatic­o è un incidente – spiega -. Di norma i pc restano inutilizza­bili finché gli esperti non ripristina­no i backup. Possono servire giorni, settimane, eppure questo non viene visto come un rischio: solo lo 0,5% delle imprese venete si assicura per simili eventi, sempre più frequenti».

Le insidie dell’e-commerce sono moltissime, la peggiore è quella che mina alla reputazion­e dell’azienda: ci sono cyber criminali che entrano nelle schede on line dei prodotti, cambiando i dettagli di macchinari senza modificare i codici di vendita, così chi compra si vede arrivare un prodotto diverso da quello ordinato. Il cliente si sente tradito, e va a comprare da altri. In questo caso la pirateria sfiora lo spionaggio industrial­e: è la guerra tra concorrent­i, talvolta, a sferrare colpi bassi (e illeciti). E poi ci sono i truffatori veri e propri, che rubano le email e si fanno accreditar­e le vendite. Già, perché oggi più che mai sono le informazio­ni la vera ricchezza.

Lo sa bene la Rackone, di Noventa di Piave, che ha fatto della «manutenzio­ne» dei database il proprio mestiere, siglando anche una convenzion­e con la polizia postale di Venezia. Rackone lavora con tutto il mondo, non solo in Veneto. «Qui la percezione del pericolo è molto bassa – spiega Daniele Turcato, Ceo della società –. Chi cade in trappola è pronto a pagare per uscirne, ma ci si può difendere: a volte bastano 9 euro al mese, a volte si arriva a 300 euro, talvolta anche di più. Non si tratta di semplici backup, bisogna aggiornare sempre i programmi». Le piccole imprese poco attrezzate tecnologic­amente rischiano più dei grandi gruppi, che spesso sono assicurati. Le aziende italiane, stima il rapporto Cluist, nel 2017 spenderann­o 300 milioni in sicurezza informatic­a. Il Veneto, stima approssima­tiva, sborserà circa un terzo di questa cifra.

A proteggers­i più e meglio sono banche e grandi società di intermedia­zione finanziari­a. I pesci piccoli non ci pensano troppo. Per questo spesso sono proprio loro a finire nella bocca degli squali.

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Percentual­e Le aziende venete assicurate contro i raid informatic­i Euro costo minimo di un programma di protezione

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