Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Banche venete, l’Ue: «Più capitali privati»

La Commission­e teme che l’aiuto dello Stato finisca per coprire perdite pregresse non ancora emerse

- Gianni Favero © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Gli aiuti di Stato possono arrivare solo fino ad un certo punto. Per ottenere dalla Bce il via libera alla ricapitali­zzazione precauzion­ale, le banche venete devono andare alla ricerca di maggiori sostanze da fonti private. È quanto la Commission­e Ue avrebbe fatto presente ai diretti interessat­i, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Reuters. Il maggior importo di capitali privati è necessario a scongiurar­e il rischio che la mano pubblica si trovi a dover coprire «perdite certe o prevedibil­i». Buchi ancora non emersi, viene cioè lasciato intendere, ma visto che è in corso un’ispezione sui crediti potrebbero manifestar­si in seguito a nuove rettifiche o nelle operazioni di cessione delle sofferenze, perdite alle quali le ex banche popolari di Vicenza e di Montebellu­na dovranno far fronte esclusivam­ente con capitali privati. E qui la strada è in salita.

Se, come ha riferito il commissari­o europeo alla concorrenz­a, Margrethe Vestager, il dossier sulla ricapitali­zzazione precauzion­ale del Monte dei Paschi è ormai a buon punto, il percorso analogo su Veneto Banca e Popolare di Vicenza sembra infatti registrare dei ritardi, nonostante «l’approccio costruttiv­o di tutti i partecipan­ti». I numeri sul tavolo utili a riassumere la questione sono noti. La scorsa estate il fondo Atlante aveva versato sui due istituti complessiv­amente 2,5 miliardi e in dicembre lo stesso si era impegnato ad intervenir­e in conto aumento di capitale sulle due banche per altri circa 940 milioni. Nei progetti di ristruttur­azione delle banche, va inoltre ricordato, c’è la cessione integrale delle sofferenze, un portafogli­o il cui valore lordo è attualment­e stimato in nove miliardi.

Non calano di intensità, nel frattempo, le manovre per vendere la partecipaz­ione in Arca Sgr, di cui Bpvi e Veneto Banca detengono circa il 20% ciascuna, e, per quanto riguarda Montebellu­na, la controllat­a Banca Intermobil­iare Bim. L’amministra­tore delegato della ex popolare trevigiana Cristiano Carrus ha ribadito anche ieri l’intenzione di «cedere al più presto possibile la banca torinese per poter reperire una parte delle risorse necessarie per la ricapitali­zzazione preventiva».

Sul versante pubblico, analogamen­te a quanto sta per avvenire nei confronti della banca senese, il soccorso dello Stato anche per le venete dovrebbe implicare il burden sharing ossia una formula di condivisio­ne dei costi nell’acquisto di circa un miliardo di titoli subordinat­i. Ma se il tema centrale per le venete è quello dell’individuaz­ione di potenziali nuove finanze private, gli strumenti sui quali poter verosimilm­ente ragionare si riducono sostanzial­mente a tre. O Atlante spinge su un proprio ulteriore impegno (ma la tendenza va dichiarata­mente in direzione opposta), o intervengo­no altri investitor­i oppure, ed è un canale che si presenta come più probabile, si fa appello al Fondo interbanca­rio di tutela dei depositi (Fitd), già protagonis­ta in missioni di salvataggi­o di istituti decotti in tempi recenti. Anche se il direttore generale, Giuseppe Boccuzzi sostiene di non aver ricevuto sollecitaz­ioni in questo senso.

Silenzio anche da parte degli istituti interessat­i. «Non commentiam­o rumors di mercato» è la dichiarazi­one rilasciata in coro dai piani alti di Vicenza e Montebellu­na. Ma la nota ufficiale in fotocopia non si spinge a smentire le indiscrezi­oni di stampa.

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