Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Banche venete, l’Ue: «Più capitali privati»
La Commissione teme che l’aiuto dello Stato finisca per coprire perdite pregresse non ancora emerse
VENEZIA Gli aiuti di Stato possono arrivare solo fino ad un certo punto. Per ottenere dalla Bce il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale, le banche venete devono andare alla ricerca di maggiori sostanze da fonti private. È quanto la Commissione Ue avrebbe fatto presente ai diretti interessati, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Reuters. Il maggior importo di capitali privati è necessario a scongiurare il rischio che la mano pubblica si trovi a dover coprire «perdite certe o prevedibili». Buchi ancora non emersi, viene cioè lasciato intendere, ma visto che è in corso un’ispezione sui crediti potrebbero manifestarsi in seguito a nuove rettifiche o nelle operazioni di cessione delle sofferenze, perdite alle quali le ex banche popolari di Vicenza e di Montebelluna dovranno far fronte esclusivamente con capitali privati. E qui la strada è in salita.
Se, come ha riferito il commissario europeo alla concorrenza, Margrethe Vestager, il dossier sulla ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi è ormai a buon punto, il percorso analogo su Veneto Banca e Popolare di Vicenza sembra infatti registrare dei ritardi, nonostante «l’approccio costruttivo di tutti i partecipanti». I numeri sul tavolo utili a riassumere la questione sono noti. La scorsa estate il fondo Atlante aveva versato sui due istituti complessivamente 2,5 miliardi e in dicembre lo stesso si era impegnato ad intervenire in conto aumento di capitale sulle due banche per altri circa 940 milioni. Nei progetti di ristrutturazione delle banche, va inoltre ricordato, c’è la cessione integrale delle sofferenze, un portafoglio il cui valore lordo è attualmente stimato in nove miliardi.
Non calano di intensità, nel frattempo, le manovre per vendere la partecipazione in Arca Sgr, di cui Bpvi e Veneto Banca detengono circa il 20% ciascuna, e, per quanto riguarda Montebelluna, la controllata Banca Intermobiliare Bim. L’amministratore delegato della ex popolare trevigiana Cristiano Carrus ha ribadito anche ieri l’intenzione di «cedere al più presto possibile la banca torinese per poter reperire una parte delle risorse necessarie per la ricapitalizzazione preventiva».
Sul versante pubblico, analogamente a quanto sta per avvenire nei confronti della banca senese, il soccorso dello Stato anche per le venete dovrebbe implicare il burden sharing ossia una formula di condivisione dei costi nell’acquisto di circa un miliardo di titoli subordinati. Ma se il tema centrale per le venete è quello dell’individuazione di potenziali nuove finanze private, gli strumenti sui quali poter verosimilmente ragionare si riducono sostanzialmente a tre. O Atlante spinge su un proprio ulteriore impegno (ma la tendenza va dichiaratamente in direzione opposta), o intervengono altri investitori oppure, ed è un canale che si presenta come più probabile, si fa appello al Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), già protagonista in missioni di salvataggio di istituti decotti in tempi recenti. Anche se il direttore generale, Giuseppe Boccuzzi sostiene di non aver ricevuto sollecitazioni in questo senso.
Silenzio anche da parte degli istituti interessati. «Non commentiamo rumors di mercato» è la dichiarazione rilasciata in coro dai piani alti di Vicenza e Montebelluna. Ma la nota ufficiale in fotocopia non si spinge a smentire le indiscrezioni di stampa.