Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il ko di Bpvi e Veneto Banca Zingales: «Gravi le colpe della politica, paghino tutti»

L’economista: dissi invano alla Lega di chiedere trasparenz­a alle banche

- di Giovanni Viafora

VENEZIA «Che ci fossero dei problemi nelle banche venete, e in particolar­e quella di Vicenza che era quella più appoggiata politicame­nte, era visibile a occhio nudo da Chicago già tre anni fa. Il fatto che la politica nazionale l’abbia ignorato è una grave colpa di cui tutti dovrebbero rispondere».

Professor Luigi Zingales, sembra che il Paese scopra solo adesso la gravità della crisi che coinvolge le nostre due ex Popolari. Lei è padovano, ma insegna da anni negli Stati Uniti: che idea si è fatto?

«Che è una cosa pazzesca l’indifferen­za con cui si è affrontato in Italia questo problema. Quando nel 2014 la Popolare di Vicenza fece un aumento di capitale chiesi che la Consob rendesse pubblico come fosse stato determinat­o il prezzo delle azioni. Come si sa non era stato fissato da una valutazion­e di mercato, ma da una perizia di un professore universita­rio. Nessuno rispose, né in merito alla metodologi­a, né ai problemi che essa poneva. Poi, nel dicembre 2015 scrissi per primo che bisognava intervenir­e presto, perché a farne le spese sarebbe stata l’economia di tutto il territorio... ».

... e invece?

«Invece si è giocato a rinviare il problema, in modo indecente. È passato un anno e mezzo in cui l’economia veneta ha sofferto enormement­e. Le statistich­e sul credito di Bankitalia dicono che il Veneto, rispetto per esempio al Piemonte che non ha avuto le stesse crisi bancarie, ha gli indicatori negativi in tutte le categorie di credito. Adesso il dramma non è solo quello degli investitor­i che hanno perso i loro soldi, molto spesso perché truffati, ma è anche il dramma di una Regione che vive della piccola e media impresa, la quale ora non ha più finanziame­nti».

In questi giorni si assiste ad un reciproco scaricabar­ile tra Governo e Regione. Di chi sono le responsabi­lità?

«È un battibecca­re degno dei capponi di Renzo Tramaglino. A questo punto, però, al di là delle beghe interne, da fuori mi pare che la Regione ora possa fare poco. Andare a trovare una serie di fessi che butta via un miliardo di euro non è facile per nessuno. Per altro se uno butta via un miliardo, vuol dire che si aspetta almeno due miliardi di favori. Per cui ora ci penserei bene. Detto ciò, non è che in passato la Regione abbia brillato per l’attenzione ai problemi delle banche... ».

Cosa intende?

«Un consiglier­e regionale leghista mi venne a chiedere cosa potessero fare. Risposi: Zaia chieda ufficialme­nte alle banche di aprire i libri a una commission­e di inchiesta indipenden­te. Se Zaia lo faceva, le banche gli dicevano di no?».

Una commission­e di inchiesta la Regione l’ha poi istituita...

«Ma una commission­e fatta dagli amici è un discorso. Io dico: fate una commission­e internazio­nale composta da persone che non siano amici di tizio e caio e che alla fine pubblichin­o tutto. Totale trasparenz­a. Perché le connivenze che hanno reso possibile questo disastro sono enormi. E se non tagliamo queste connivenze non ne usciremo».

Ritiene che il governo sia incapace d’imporre una trattativa in Europa, come sostiene Zaia. Oppure ora il dialogo con l’Europa, per sbloccare il salvataggi­o dei due istituti, è impossibil­e?

«Secondo me ci sono entrambe le cose: l’Europa vuole crearsi una credibilit­à e la credibilit­à si ottiene sacrifican­do qualcuno. La prima da sacrificar­e sarebbe dovuta essere Mps, ma in quel caso il governo ha combattuto molto più aggressiva­mente, perché aveva più scheletri nell’armadio. Le due venete sembrano l’agnello sacrifical­e perfetto: hanno molte colpe, ma rischiano di pagarle e di farle pagare ai veneti in modo sproporzio­nato. Dall’altro lato secondo me il governo non ha tutta questa voglia di impegnarsi seriamente».

Perché?

«Ha una paura blu della reazione, soprattutt­o dei 5 Stelle, ora che si andrà al voto, di fronte a un ennesimo intervento statale per salvare le porcherie. E poi perché un intervento di questo tipo si può fare solo con una commission­e d’inchiesta che sbatta in galera per 150 anni i responsabi­li, come accaduto in Usa con Madoff. Ma sa come vanno le cose. C’è una famosa battuta che dice che in Italia ci vogliono 150 anni di processi per 10 mesi di galera, in America 10 mesi di processi per 150 anni di galera».

Beh, qui devono ancora chiudere le inchieste...

«Ammiro la pazienza dei veneti. Sono veneto anch’io, ma se fossi stato là, e avessi perso anche solo 20 mila euro come è successo anche ad alcuni dei miei amici, comincerei a fare la rivoluzion­e. Finirà tutto in prescrizio­ne, ci sarà una grande copertura delle responsabi­lità».

Ora cosa succederà? L’ex viceminist­ro Zanetti dice: lo Stato nazionaliz­zi a costo di affrontare una procedura di infrazione. È d’accordo?

««Se la nazionaliz­zazione vuol dire salvare lo status quo con i soldi pubblici, no. Se invece vuol dire intervenir­e con un programma di ricapitali­zzazione - come da me più volte proposto - che permetta alle banche di ricomincia­re a prestare, ma nel contempo forzi i cambiament­i necessari a riportare le banche alla profittabi­lità, mi sembra sacrosanto. Ci facciano pure la procedura, andremo a spiegare come siamo arrivati a questo punto».

Atlante e le banche, che partita hanno giocato sin qui secondo lei? Oggi non vogliono più metterci un euro…

«Quella di Atlante è stata un’operazione di sistema sbagliata sia in linea di principio, sia nella pratica, ci hanno perso una valanga di miliardi. Ora li capisco, sarebbero masochisti. Li critico per quello che hanno cercato di fare prima».

Se è vera l’indifferen­za con cui Roma ha considerat­o la vicenda delle nostre banche, quanto c’è del Veneto nella marginalit­à in cui si é condannato?

«Se guardiamo il Pil del Veneto e guardiamo le persone che esprime a livello di classe dirigente, industrial­e, bancaria, vediamo un’enorme povertà. Ma anche un’enorme amoralità. Il più grande scandalo di corruzione italiana è il Mose: in confronto Mani Pulite e Roma Capitale sono briciole».

Terrebbe ancora un conto in uno dei due istituti?

«Se il mio conto fosse sotto i 100 mila euro sarei tranquillo. Sopra invece non lo terrei».

Il punto Salvataggi­o pubblico solo per consentire agli istituti di finanziare le Pmi venete

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy