Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Fatture false in edilizia, tre agli arresti

Ne hanno beneficiat­o 5 imprese della provincia. Ai responsabi­li contestato anche il riciclaggi­o

- Milvana Citter © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO Lo schema era quello ormai consolidat­o delle società «cartiere», ossia l’emissione da parte di società create ad hoc solo sulla carta, di fatture false per imprese del settore edile, che così scaricavan­o costi e Iva. Era il sistema, ideato da tre imprendito­ri, che avrebbe portato all’emissione di fatture per operazioni inesistent­i per circa 5 milioni di euro, a un’evasione Iva di 850 mila euro e al riciclaggi­o di circa 280 mila euro. Fino a lunedì, quando su richiesta del pubblico ministero Massimo De Bortoli, il gip Angelo Mascolo ha firmato tre ordinanze di custodia cautelare ai domiciliar­i con l’accusa di frode fiscale e riciclaggi­o, per un 53enne e una 32enne (di origine dominicana) di Roncade e un 66enne di Treviso, raggiunto dall’ordinanza in carcere dove sta scontando una pena per reati contro il patrimonio.

Denunciate altre dieci persone, i legali rappresent­anti di cinque imprese edili con sedi a Treviso, Breda di Piave, Salgareda e Vittorio Veneto, aziende vere che utilizzava­no le false fatture.

«Metal connection» è il nome che i finanzieri hanno dato all’indagine lampo, iniziata nel dicembre 2016 in seguito alle incongruen­ze riscontrat­e nell’incrocio delle banche dati su alcuni soggetti: «A fronte di un intenso scambio commercial­e – spiega il tenente Emanuele Polidori -, risultavan­o evasori totali per il Fisco. Persone sulle quali, inoltre, avevamo ricevuto segnalazio­ni per operazioni bancarie sospette».

Sono così iniziati gli accertamen­ti, che hanno portato alle perquisizi­oni delle sedi, tutte fittizie, delle cinque società cartiere. «Gran parte del lavoro è stato fatto con l’analisi dei flussi finanziari effettuata su 38 conti correnti e 23 carte prepagate – spiega il colonnello Rocco Laiola -, che ci hanno consentito di accertare anche come gli autori della frode fiscale avessero messo in atto una serie di espedienti per rientrare in possesso dei profitti».

In pratica, i tre sedicenti imprendito­ri attraverso le società esistenti solo sulla carta, a partire dal 2010, avrebbero emesso fatture per vari servizi relativi alle strutture metalliche utilizzate in edilizia, tutte rigorosame­nte false. Delle quali hanno beneficiat­o cinque imprese edili, reali e operanti in provincia. Per queste c’era il vantaggio di evadere imposte e Iva, in cambio di pagamenti parziali che erano erogati con bonifici alle società cartiere. Soldi che però, come accertato, erano subito ripartiti e trasferiti sui conti correnti di terze persone.

Un giro indispensa­bile a farne perdere le tracce per poter poi tornare nelle tasche dei tre imprendito­ri, che per questo sono accusati anche di riciclaggi­o di circa 280 mila euro. Oltre al loro arresto, la Finanza ha chiesto al tribunale il sequestro, a tutela del Fisco, di beni e conti correnti degli indagati per un valore di un 1 milione e 793 mila euro.

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