Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Sequestrat­i 21,7 milioni a Mazzacurat­i «È quanto pagò di tangenti per il Mose»

La Corte dei conti gli blocca liquidazio­ne e quote societarie. Artico nel mirino per 410mila euro

- Andrea Priante © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Lo chiamano «danno da tangente». In pratica, se un imprendito­re decide di pagare una mazzetta, è perché ne avrà un guadagno pari (o probabilme­nte superiore) a quanto versato.

Ed è anche intorno a questo principio che ruota il maxiseques­tro da 21 milioni e 750 mila euro ottenuto dalla procura regionale della Corte dei conti nei confronti dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurat­i.

La partita è quella del Mose e delle tangenti che l’ingegnere versò negli anni passati a politici e uomini di Stato in cambio dei via libera necessari all’avanzament­o dell’opera. Ma se sul piano penale Mazzacurat­i non ha ancora subìto alcuna condanna, ecco che su quello contabile le cose viaggiano su binari ben diversi e la procura ha ottenuto l’autorizzaz­ione al sequestro conservati­vo dei suoi beni.

La Guardia di Finanza di Venezia - la stessa che ha indagato sul Mose - in questi mesi ha «mappato» il patrimonio ancora nelle disponibil­ità dell’ex presidente del Consorzio. Dei quasi 22 milioni di euro, per ora i militari hanno rintraccia­to il milione e 154 mila euro di liquidazio­ne che Mazzacurat­i deve ancora incassare dal Cvn, le quote della «Ing. Mazzacurat­i Giovanni Sas», oltre a otto conti correnti (ormai desolatame­nte vuoti), una cassetta di sicurezza in una banca di Roma e una percentual­e delle due pensioni da 110 mila euro annui.

Il procurator­e regionale della Corte dei Conti del Veneto, Paolo Evangelist­a, parte dal presuppost­o che il sistema delle mazzette abbia «finito per aumentare ingiustifi­catamente il prezzo pagato dallo Stato per la realizzazi­one dell’opera». Da qui, il danno erariale. Anche perché il meccanismo è ormai noto: le imprese emettevano fatture per operazioni inesistent­i che venivano addebitate al Consorzio, parte del denaro veniva poi dato in contanti a Mazzacurat­i che lo utilizzava per corrompere politici come l’ex presidente della Regione Giancarlo Galan, ma anche magistrati e uomini delle istituzion­i.

Il conteggio complessiv­o tocca quota 21 milioni e 750 mila euro, che si vogliono sequestrar­e a Mazzacurat­i: esattament­e quanto versò a politici e funzionari corrotti.

L’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova non è l’unico a ritrovarsi con i beni bloccati: la procura ha dato il via al sequestro conservati­vo di 410.516 euro nei confronti dell’ex dirigente della Regione Veneto, Giovanni Artico. Il caso è particolar­e, perché Artico è stato assolto in tribunale0. Eppure, secondo Corte dei Conti e Guardia di Finanza di Venezia, quanto emerso dalle indagini è sufficient­e «a dimostrare l’esercizio delle sue funzioni per finalità privatisti­che». In pratica, Artico avrebbe ottenuto l’assunzione di sua figlia in una controllat­a del Gruppo Mantovani, oltre a una serie di consulenze e incarichi per un amico avvocato.

Il sequestro finora ha riguardato la metà di una casa a Cessalto (valore centomila euro), altre quote di fabbricati e diversi terreni, oltre ai conti corrente. Se il contraddit­orio, previsto per il 22 novembre prossimo, darà ragione ai magistrati, si passerà al pignoramen­to.

Finora le indagini della Guardia di Finanza di Venezia hanno permesso di ricostruir­e un danno erariale che ammonta a 37,6 milioni di euro, causato dai principali imputati dell’inchiesta Mose.

Le mazzette Mazzacurat­i pagò Piva, Galan, Matteoli, Chisso, Cucciolett­a, Spaziante, Giuseppone e Milanese

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