Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Sequestrati 21,7 milioni a Mazzacurati «È quanto pagò di tangenti per il Mose»
La Corte dei conti gli blocca liquidazione e quote societarie. Artico nel mirino per 410mila euro
VENEZIA Lo chiamano «danno da tangente». In pratica, se un imprenditore decide di pagare una mazzetta, è perché ne avrà un guadagno pari (o probabilmente superiore) a quanto versato.
Ed è anche intorno a questo principio che ruota il maxisequestro da 21 milioni e 750 mila euro ottenuto dalla procura regionale della Corte dei conti nei confronti dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati.
La partita è quella del Mose e delle tangenti che l’ingegnere versò negli anni passati a politici e uomini di Stato in cambio dei via libera necessari all’avanzamento dell’opera. Ma se sul piano penale Mazzacurati non ha ancora subìto alcuna condanna, ecco che su quello contabile le cose viaggiano su binari ben diversi e la procura ha ottenuto l’autorizzazione al sequestro conservativo dei suoi beni.
La Guardia di Finanza di Venezia - la stessa che ha indagato sul Mose - in questi mesi ha «mappato» il patrimonio ancora nelle disponibilità dell’ex presidente del Consorzio. Dei quasi 22 milioni di euro, per ora i militari hanno rintracciato il milione e 154 mila euro di liquidazione che Mazzacurati deve ancora incassare dal Cvn, le quote della «Ing. Mazzacurati Giovanni Sas», oltre a otto conti correnti (ormai desolatamente vuoti), una cassetta di sicurezza in una banca di Roma e una percentuale delle due pensioni da 110 mila euro annui.
Il procuratore regionale della Corte dei Conti del Veneto, Paolo Evangelista, parte dal presupposto che il sistema delle mazzette abbia «finito per aumentare ingiustificatamente il prezzo pagato dallo Stato per la realizzazione dell’opera». Da qui, il danno erariale. Anche perché il meccanismo è ormai noto: le imprese emettevano fatture per operazioni inesistenti che venivano addebitate al Consorzio, parte del denaro veniva poi dato in contanti a Mazzacurati che lo utilizzava per corrompere politici come l’ex presidente della Regione Giancarlo Galan, ma anche magistrati e uomini delle istituzioni.
Il conteggio complessivo tocca quota 21 milioni e 750 mila euro, che si vogliono sequestrare a Mazzacurati: esattamente quanto versò a politici e funzionari corrotti.
L’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova non è l’unico a ritrovarsi con i beni bloccati: la procura ha dato il via al sequestro conservativo di 410.516 euro nei confronti dell’ex dirigente della Regione Veneto, Giovanni Artico. Il caso è particolare, perché Artico è stato assolto in tribunale0. Eppure, secondo Corte dei Conti e Guardia di Finanza di Venezia, quanto emerso dalle indagini è sufficiente «a dimostrare l’esercizio delle sue funzioni per finalità privatistiche». In pratica, Artico avrebbe ottenuto l’assunzione di sua figlia in una controllata del Gruppo Mantovani, oltre a una serie di consulenze e incarichi per un amico avvocato.
Il sequestro finora ha riguardato la metà di una casa a Cessalto (valore centomila euro), altre quote di fabbricati e diversi terreni, oltre ai conti corrente. Se il contradditorio, previsto per il 22 novembre prossimo, darà ragione ai magistrati, si passerà al pignoramento.
Finora le indagini della Guardia di Finanza di Venezia hanno permesso di ricostruire un danno erariale che ammonta a 37,6 milioni di euro, causato dai principali imputati dell’inchiesta Mose.
Le mazzette Mazzacurati pagò Piva, Galan, Matteoli, Chisso, Cuccioletta, Spaziante, Giuseppone e Milanese