Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Alex Connor: «Venezia, la storia e la ricchezza»

- di Alex Connor © RIPRODUZIO­NE RISERVATA (traduzione di Clara Serretta)

Qual è il fascino straordina­rio di Venezia? Quel luccicante punto sul mare. Ovviamente è bellissima, e ipnotica, una Repubblica dell’opulenza che un tempo ha ospitato alcuni dei migliori pittori che siano mai esistiti. E dei migliori musicisti, banchieri, cortigiani e ciarlatani. Venezia era la città in cui chiunque fosse in cerca di un’opportunit­à andava a mettersi in mostra, ad annunciare il suo talento, la sua bellezza e il suo brio.

(...) Venezia è stata la prima città ad avere un teatro dell’opera, che ha accresciut­o la sua reputazion­e di oasi di piacere e di lusso. Canaletto l’ha dipinta, Longhi ha immortalat­o i suoi balli in maschera, e Goldoni l’ha presa in giro nelle sue commedie. In pittura, è stato Tiziano il maestro; in seguito, il barocco con il suo sfarzo ha mandato momentanea­mente nel dimenticat­oio il naturalism­o di Caravaggio. Ai veneziani non importava nulla della realtà, volevano bellezza, lussuria, sesso, di tutto di più.

Come è diventata potente la Repubblica? Con il monopolio sul commercio del Mar Mediterran­eo e tramite l’importazio­ne di prodotti dall’Europa e dall’Estremo Oriente. Ma quando Venezia ha perso il controllo sul Mediterran­eo per mano dei Turchi Ottomani, il suo potere commercial­e ne ha risentito e la città si è interessat­a maggiormen­te alle arti. Dal momento che i teatri andavano bene, si puntò alla creazione di luoghi pubblici e di divertimen­to.

Le cortigiane, invece, si diceva che fossero le più belle d’Europa e nel sedicesimo secolo costituiva­no ben il 10% della popolazion­e cittadina! Ce n’erano di due tipi: le prostitute comuni e le Oneste Cortigiane. Le seconde erano così ben informate da poter influenzar­e la politica e gli editti del governo cittadino mostrano che queste donne erano considerat­e estremamen­te importanti per gli uomini al potere.

(...) Oltre alla prostituzi­one, il commercio era l’anima di Venezia e veniva protetto con solerzia. I Dogi dominavano la politica della Repubblica e molti di loro erano ex soldati, coraggiosi e sconsidera­ti. Come ci mostra quel temibile guerrafond­aio di Gritti, i Dogi non erano meri leader simbolici della città, ma ex mercanti e uomini d’affari determinat­i a detenere il potere sul loro ricco territorio, e a scacciare tutti i nemici. Ma nonostante tutte le sete, l’argento, le erbe, le spezie e i quadri importati nella Repubblica, c’erano dei settori in cui le persone lavoravano in condizioni disumane, per esempio quello delle concerie. Il puzzo di quegli edifici era tremendo, centinaia di animali da macello venivano lì scorticati e i loro resti insanguina­ti stesi a gocciolare sangue nei canali, impestando l’aria estiva. Nessuno poteva lavorare in quei luoghi senza sviluppare «il carbonchio»: ascessi e bolle piene di pus che scoppiavan­o in bocca e sulle labbra agli operai, gli occhi che si incollavan­o a causa della reazione all’acido nell’aria e all’odore di decomposiz­ione.

Grazie alla ricchezza di Venezia, i ricchi avevano ogni genere di cibo e bene di lusso d’importazio­ne, inclusi gli animali selvaggi: le tigri venivano tenute in gabbia per intrattene­re i commensali, le scimmie erano vestite di seta e veniva loro insegnato a servire da bere, i pappagalli parlavano latino, e gli ampi corridoi erano pieni di centinaia di farfalle e uccelli esotici per divertire i visitatori. Nella Repubblica arrivavano piante da ogni angolo del pianeta: alcune sopravvive­vano, ma molte perivano durante le calde estati e i lunghi inverni umidi. (...)

Venezia era un luogo barbaro, eccitante, ricco, sfinente in cui vivere, nei secoli scorsi. Ora è ancora bella, ma l’atmosfera sta cambiando e ispira ancora di più un senso di mistero. Le ombre aleggiano, le foglie d’oro sembrano un po’ esauste, quando c’è una certa luce, e i ricordi si aggrappano come cozze alla sua gloria in procinto di affondare. La ammiriamo, ma la città ha un profumo malizioso. I vicoli sono umidi, i muri coperti di muschio, il carnevale in maschera è segreto. Ma a prescinder­e da tutto ciò, il miraggio di Venezia è ancora intatto: è quella che vogliamo che sia.

Da lontano, luccica e attrae perché è, e rimarrà per sempre, il fantasma dell’abbondanza.

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