Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Tiramisù sarà un marchio trevigiano»
Il presidente Zaia contrattacca: «Non ci interessano i presidietti, il nome è nostro»
TREVISO Acquista contorni sempre nuovi la battaglia del tiramisù fra Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il governatore Luca Zaia ha annunciato che tutelerà il dolce nato a Treviso con la denominazione Dop o Igp, senza curarsi dell’iniziativa dei vicini: «A loro le liste, a noi il nome». Il dossier è già in lavorazione a Venezia. Ma il presidente dell’Accademia della Cucina Luca Petroni avverte: «Non c’è stata scorrettezza, il dolce non è proprietà di nessuno».
TREVISO Battaglia per il tiramisù, il governatore Luca Zaia rilancia. «Quello che ha ottenuto il Friuli è un presidietto, il nostro obiettivo è l’Igp o la Dop». È questa la risposta della Regione Veneto ai vicini di casa che, con un blitz istituzionale, hanno fatto registrare nel registro dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani il dolce trevigiano. Ma la polemica accesasi non si placa, di ieri un nuovo intervento di Laura Puppato. «Episodio è sintomatico dell’incapacità regionale di agire correttamente nel solco degli interessi del Veneto», dice la senatrice del Pd. «Diventiamo così, giorno dopo giorno, fatto negativo dopo fatto negativo, una regione che sa solo lamentarsi, sbandierare referendum e vessilli identitari ad uso e consumo di una cittadinanza che non ha il tempo di approfondire, senza mai essere produttiva laddove serva».
Prima di dar conto dell’ennesima giornata di polemiche, va spiegato cosa concretamente sta succedendo. Tutto è iniziato con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della ricetta di due «tiramisù» friulani nell’elenco dei Pat, una lista predisposta dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con la collaborazione delle Regioni. Ad oggi, quelli del Veneto sono 376 e quelli friulani 169 su una lista potenziale di circa ottomila prodotti a livello nazionale. Un elenco nato perché il MiPAAF nel 1999 aveva deciso di puntare su settori di nicchia, valorizzando i prodotti «ottenuti sempre con gli stessi metodi di lavorazione secondo regole tradizionali per almeno venticinque anni».
Il termine Igp, Indicazione geografica protetta, indica invece un marchio di origine che viene attribuito dall’Unione Europea ai prodotti agricoli e alimentari per i quali qualità e reputazione dipendono dall’origine geografica, e la cui produzione, trasformazione o elaborazione avviene in un territorio specifico: ci sono rigide regole stabilite nel disciplinare di produzione e uno specifico organismo di controllo. Sostanzialmente, è una qualifica molto più importante dei Pat, che si limitano a produzioni di nicchia in termini quantitativi e relativi ad aree territoriali molto ristrette.
La vittoria del Fvg appare dunque più figlia di un tecnicismo burocratico che non un furto vero e proprio, dunque: lo stesso Ministero ha precisato che il Veneto può chiedere – e ottenere – la stessa iscrizione. «La lista dei Pat riguarda prodotti dignitosissimi e di altissima qualità – spiega Zaia - ma al tempo stesso micro produzioni. Io invece penso che una lista seria debba essere fatta di sole primogeniture, per cui il decreto andrebbe modificato. Per questo non chiederò mai l’iscrizione del tiramisù veneto in una lista di prodotti minori, visto che stiamo andando avanti da anni con il dossier per ottenere l’Igp o la Dop. E avrò piacere di vedere gli amici del Friuli Venezia Giulia portare le loro carte all’audizione per l’ottenimento dell’Igp». Il dossier non sarà solo tecnico: ci sarà anche un sostanzioso capitolo dedicato alla tradizione, per dimostrare con testimonianze autorevoli che (ben prima dei friulani) a Treviso pasticceri e casalinghe già lo preparavano. Se al di là del Tagliamento hanno deciso di dichiarare guerra, guerra sia.
Nei palazzi della Regione Veneto giace già una richiesta per dotare il tiramisù di Treviso della denominazione Stg, specialità tradizionale garantita: si abbinerebbe con maggiore adesione al dolce rispetto a un Dop o Igp (trattandosi di una composizione e non di un unico prodotto). Ma, dopo 2 anni, dov’è finita? La domanda va presentata all’Unione Europea e ci sono ancora dei dettagli da definire con maggiore precisione, per non incappare in una dolorosa risposta negativa.