Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Profughi, quel binomio superato dalla realtà
Pushed-pulled. A prima vista, può sembrare un semplice gioco di parole, un passatempo enigmistico per affrontare la calura estiva. E invece si tratta di un binomio che è– e presumibilmente resterà a lungo - al centro dell’attuale dibattito politico. Su poche altre cose, infatti, si registra un ampio accordo fra partiti, a destra o a sinistra, come sulla necessità di distinguere fra i richiedenti asilo e i cosiddetti migranti economici. Le differenze emergono quando si tratti di definire quale trattamento attribuire a questa seconda tipologia di migranti, ma non toccano ciò su cui si fonda la distinzione. E qui possiamo ritornare alla formuletta iniziale. Pushed, e cioè «costretti», sarebbero coloro che fuggono da situazioni di guerra o di persecuzione politica. Pulled, e cioè «attirati», sarebbero coloro che invece intraprendono la via dell’emigrazione, perché attratti dalla prospettiva di un miglioramento delle loro condizioni economiche. Nell’acritica e monotona ripetizione di questo schema, vengono trascurati alcuni aspetti essenziali che viceversa dovrebbero essere tenuti ben presenti. Il primo riguarda la «paternità» della classificazione. Si cercherebbe invano di farla risalire a Salvini o a Renzi. Le origini sono ben più remote e ci riportano al 1973, quando viene pubblicato il saggio di un demografo australiano di origini ungheresi – Egon F. Kunz – il quale introduce per la prima volta la distinzione pushedpulled, con finalità strettamente descrittive, vale a dire senza alcuna implicazione valutativa, dalla quale dedurre diversità di trattamento dei soggetti coinvolti. Estrapolandolo abusivamente dal contesto di una classificazione puramente scientifica, il binomio proposto da Kunz viene oggi adoperato per legittimare scelte politiche del tutto discrezionali, basate su ben altre motivazioni. In particolare, l’«economico» è identificato come «clandestino», e poi tendenzialmente assimilato ad un potenziale terrorista. Dal vizio di origine ora indicato conseguono poi, con piena coerenza, le distorsioni o le vere e proprie iniquità che sono sotto gli occhi di tutti, e che si possono così sommariamente elencare. Studi seri e rigorosamente documentati sul fenomeno dell’emigrazione hanno dimostrato che, nella maggioranza dei casi, i migranti non rientrano né nell’una né nell’altra categoria, nel senso che essi sono spinti a questa scelta da un complesso di motivi, politici ed economici (ma anche religiosi e culturali) insieme. E’ come se, all’arrivo di un carico di frutta, si volesse distinguere fra arance e mandarini. Scoprendo che, nella grande maggioranza dei casi, ciò con cui si ha a che fare sono mandaranci. In secondo luogo, è falsa l’affermazione secondo la quale i «pushed» possano rivendicare il diritto ad essere accolti. Un esame del comportamento concreto dei diversi governi europei dimostra in maniera inequivocabile che l’asilo viene concesso in forme del tutto discrezionali. Caso clamoroso quello registrato alcuni anni fa, allorchè oltre il 75% delle domande di asilo presentate da profughi siriani vengono accolte dal governo svedese, mentre contemporaneamente il governo greco respinge la totalità delle oltre 4000 richieste di profughi provenienti dallo stesso paese. A conferma della aleatorietà del cosiddetto «diritto di asilo», è stato notato che molto spesso allo stesso soggetto è riconosciuto il diritto di asilo in un paese europeo, ed è contemporaneamente negato da un altro. Per non parlare poi del fenomeno opposto, denominato asylum shopping, dove un migrante sceglie fra più paesi dai quali ha ottenuto simultaneamente il riconoscimento dello status di rifugiato. Insomma: la distinzione fra profughi ed «economici», oggi assunta come fondamento dei diversi provvedimenti assunti o annunciati relativamente al fenomeno dell’emigrazione, non ha alcun fondamento razionale, ed è meno ancora scientificamente motivata. Se proprio si intende mantenere la classificazione di Kunz, si dovrebbe avere l’onestà intellettuale di riconoscere che pushed, e cioè «costretti», ad emigrare non sono soltanto coloro che fuggono da teatri di guerre, ma anche e non subordinatamente coloro che cercano di evadere da carestie e sottosviluppo. E che titolo a richiedere l’accoglienza dovrebbe essere il pericolo di vita, quali che siano le cause che minacciano la sopravvivenza.