Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Electrolux, futuro a rischio «Il governo chiami le parti»
Scade a marzo l’intesa che salvò i siti italiani. Straordinari, sindacati divisi
C’è di nuovo la partita del futuro degli stabilimenti italiani di Electrolux, con gli accordi che li salvarono tre anni fa in scadenza tra sette mesi, dietro lo scontro sugli straordinari in corso. E l’ex manager Maurizio Castro (nella foto): «Persi tre anni per immaginare il futuro. Il governo convochi le parti».
TREVISO A guardare il calendario, il giorno dopo il «monito» lanciato da Electrolux ai lavoratori di Susegana sulle possibili scelte pesanti che l’azienda potrebbe assumere a causa della caduta di produzione a suo dire connessa al mancato svolgimento di lavoro straordinario, ci si accorge di una cosa. Che mancano sette mesi alla decadenza dell’accordo del maggio 2014, con cui il governo accordò alla multinazionale la defiscalizzazione del lavoro in regime di contratti di solidarietà in cambio della disponibilità a ritirare un piano da centinaia di esuberi, adottare l’ammortizzatore sociale ed effettuare corposi investimenti in Italia. Scaduta la scorsa primavera, l’intesa è stata rinnovata per un altro anno. Ma a marzo 2018 la rete non ci sarà più.
Ci saranno invece molti conti da fare e complessi accordi con il sindacato da sottoscrivere. Perché non è detto che l’aumento degli ordini negli ultimi due anni, almeno a Susegana, abbia aggiustato i guasti di un tempo. E il clima non è dei migliori. La lettera della direzione, generata da un nuovo diniego a sabati di lavoro in settembre, sortisce così un effetto molto più amplificato che in condizioni «normali». «Un intervento intimidatorio, una minaccia inconcludente», sono le definizioni che usa Giacomo Vendrame, segretario generale della Cgil di Treviso. Parole, quelle di Electrolux, che hanno un effetto rimbombo anche alla luce del fatto che a Susegana l’unità sindacale pare diventata più un fatto di buona educazione che di sostanza. La Fiom respinge alla radice ogni richiesta dell’azienda di lavoro straordinario. Le altre sigle no. Ma un accordo in forma separata sullo straordinario è un concetto impronunciabile, oltre che del tutto inutile ai fini del recupero di produzione, e così la vicenda rimane a trazione Cgil.
Nella quale coesistono tonalità diverse: le Rsu insistono a porre la questione del reintegro di Augustin Breda, l’esponente storico licenziato due mesi fa per un presunto abuso di permessi retribuiti, come condizione imprescindibile ai fini di una ripresa del dialogo. La segreteria provinciale, pur comprendendo fino in fondo la pesantezza dell’affronto subito, invita a mantenere separati il caso specifico e tutte le altre partite aperte. «Il destino dello stabilimento non può essere legato a quello di Breda – sottolinea Vendrame – anche se licenziarlo è quanto di peggio l’azienda potesse fare. Di fronte a un gesto simile, se vuole recuperare un rapporto con i dipendenti, Electrolux deve come minimo spiegare quali strategie abbia sul sito di Susegana. La scarsa produzione non può essere attribuita a mancati straordinari e assenteismi, se la fabbrica produce poco ci sono cause ben più serie».
La «via breve» che a questo proposito suggerisce ad Electrolux Antonio Bianchin, segretario di Fim Cisl di Treviso, è lampante, sta dentro lo stesso Contratto nazionale e va sotto il nome di straordinario comandato. «Hanno tutto il diritto di ordinare straordinari obbligatori. Perché, se il problema sta qui, i vertici aziendali non si decidono a farlo?». Risposta sottintesa possibile: perché la Fiom alzerebbe subito dopo il livello del conflitto, proclamando lo sciopero anche dello straordinario comandato e magari bloccando uffici e portinerie. Rattoppo peggiore del buco. «Naturalmente un accordo è preferibile, almeno economicamente, visto che il premio in denaro sarebbe superiore. Ma va poi osservato – prosegue Bianchin – che arrivare ad un’intesa su base volontaria soddisfacente come avvenuto in altre aziende del comparto, a Susegana è più difficile che altrove a causa anche dell’età dei lavoratori, quasi tutti sopra i 40 anni. Perciò con meno urgenze economiche ed esigenze familiari che di solito hanno i più giovani oltre ad una maggiore vulnerabilità fisica allo stress da linea di montaggio».