Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ciclista travolto, libero il giovane ubriaco
Eraclea, diciottenne già a casa. La famiglia della vittima: «Ragazzo distrutto, niente lo aiuterà più»
L’interrogatorio Il fermo non è stato convalidato e per il giudice non sussiste pericolo di fuga
ERACLEA (VENEZIA) Ha trascorso due notti in carcere e ieri è tornato a casa. Alberto Cian, il pirata della strada di 18 anni di Eraclea che, martedì all’alba, ubriaco e drogato ha travolto e ucciso un ciclista sloveno e poi è fuggito, è stato scarcerato.
Il gip del tribunale di Venezia David Calabria ieri mattina, dopo l’interrogatorio di garanzia, ha deciso di non convalidare il fermo richiesto dal pm Elisabetta Spigarelli e di rimetterlo in libertà. Così ieri Alberto è tornato a casa dalla sua famiglia.La mamma e il papà che lo avevano consegnato ai carabinieri e le due sorelle più grandi che, quella mattina, erano con lui al momento del fermo.
Il giudice ha disposto nei suoi confronti l’obbligo di dimora. Una decisione inaspettata, visto che il giovane è accusato di omissione di soccorso, omicidio stradale e guida in stato di alterazione psicofisica. Gli esiti degli esami, infatti, hanno dimostrato che aveva bevuto (aveva 1,5 grammi per litro) e che aveva assunto cannabinoidi prima di mettersi al volante di una Opel Corsa con la quale, lungo la strada provinciale che collega Eraclea Mare al paese, tra le cinque e le sei del mattino ha falciato Egon Kase.
I familiari della vittima hanno saputo solo ieri sera della decisione del giudice attraverso la stampa: «La vita del ragazzo è già distrutta, niente lo aiuterà più», si sono limitati a commentare. Già il giorno prima dell’udienza di convalida avevano attribuito la tragedia a «un momento di stupidità, arroganza e incoscienza che ha distrutto due famiglie». Egon Kase, tra i più noti fotografi sportivi e di scena in Slovenia, viveva a Lubiana, aveva 75 anni e stava trascorrendo le vacanze con la famiglia nel campeggio «San Francesco» di Duna Verde, a Caorle. Quella mattina Kase era uscito in bicicletta come faceva tutti i giorni. Percorreva decine di chilometri e sulla due ruote aveva girato quasi tutta l’Europa. Era perfino andato a trovare la figlia in Danimarca, in bicicletta.
Il settantacinquenne era stato travolto e ucciso in corrispondenza di un ponte. Alberto Cian, anziché fermarsi a soccorrerlo aveva tirato dritto ed era tornato a casa. Qui aveva detto ai genitori di aver forato ma i danni alla carrozzeria non avevano convinto la famiglia, che aveva deciso di percorrere la strada a ritroso. Solo qualche minuto dopo una passante si era accorta del corpo sull’asfalto e aveva chiamato i soccorsi.
Mamma e papà del giovane, tornati indietro, si erano imbattuti nell’incidente e avevano consegnato il figlio ai carabinieri, accompagnandoli a casa. La mamma, a causa dello shock, aveva anche accusato un malore ed era stata trattenuta per l’intera giornata all’ospedale di San Donà in osservazione.
Alberto, che prima aveva negato tutto, all’arrivo dei militari di Eraclea era scoppiato in lacrime e aveva sussurrato: «Mi sembrava di aver urtato qualcosa, ma non ricordo niente». In giornata, dopo tutti gli accertamenti del caso, su disposizione della procura era stato accompagnato nel carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia, dove è rimasto fino a ieri per l’udienza di convalida, dopo la quale è tornato a Eraclea. Alberto, assistito dal suo avvocato Alessia Cavezzan (che ha preferito non rilasciare dichiarazioni alla stampa), ha risposto alle domande del gip Calabria ed è stato rilasciato.
La decisione del giudice di scarcerarlo dipenderebbe, secondo le prime informazioni trapelate, dal fatto che non ci sarebbe il pericolo di fuga né di reiterazione del reato. Perciò il gip ha ritenuto di non convalidare il fermo e di rimetterlo in libertà, seppur con l’obbligo di dimora.