Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Per 18 anni in un ufficio foderato d’amianto Si ammala, l’Inail paga

- di Renato Piva

VICENZA Pierleonzi­o Caliario, sessant’anni, è inabile al lavoro. Fotografo profession­ista, vicentino, il 23 febbraio scorso ha subito un intervento per l’asportazio­ne di un cancro ai polmoni, che, secondo i medici, è stato completato con successo. Caliario continua comunque a sottoporsi a controlli periodici, nella speranza che la malattia non torni a presentars­i. Tre giorni fa, l’Istituto nazionale per l’assicurazi­one sugli infortuni da lavoro (Inail) gli ha concesso la pensione da invalidità. L’assegno mensile dovrà essere quantifica­to, intanto però il «vitalizio» è acquisito. A chi va data la «colpa» dell’angoscia con cui è e sarà costretto a convivere l’ormai ex fotografo? Risposta: a un appartamen­to di Vicenza. Meglio: a quanto conteneva quell’appartamen­to, dichiarato inagibile sette anni fa, nel 2010.

L’incubo di Pieleonzio Caliario comincia nel 2009. Piove, e nel locale che ha affittato diciotto anni prima, 250 metri quadri nell’hinterland di Vicenza, trasformat­i in studio fotografic­o e grafico, si formano abbondanti infiltrazi­oni d’acqua. Il fotografo nota anche una strana polvere, che non lo lascia tranquillo. Caliario si rivolge all’ufficio ambiente dell’Associazio­ne artigiani. L’analisi del materiale, completata in un laboratori­o specializz­ato in questo tipo di ricognizio­ni, lascia senza fiato: per diciotto anni, il titolare dello studio, e con lui i familiari, è stato esposto alla polvere d’amianto. La presenza dell’asbesto, usato come isolante, non era stata comunicata all’inquilino né, evidenteme­nte, aveva avuto la manutenzio­ne del caso.

Nel 2009 Caliario gode ancora di buona salute ma sa cosa può significar­e l’esposizion­e alla polvere del crisotilo (altro nome dell’amianto). Il minerale, che per decenni è stato utilizzato in mille modi dall’industria, come isolante termico e chimico, negli intonaci, nel cemento e in mille altri oggetti e prodotti di uso comune, in Italia è completame­nte bandito dal 1992: vietato estrarlo, importarlo, commercial­izzarlo e produrlo. Amianto significa asbestosi (fibrosi polmonare) e, nei casi più gravi, cancro al polmone e alla pleura (quest’ultimo, tipico dell’amianto, si chiama mesoteliom­a). La relazione con la fibrosi è nota fin dal 1927, i collegamen­ti con le altre patologie sono stati acquisiti dalla comunità scientific­a nei decenni successivi. Un incubo, appunto, che per il protagonis­ta di questa storia diventa reale nel 2013: all’ennesimo controllo cui, spontaneam­ente, Caliario si sottopone, viene evidenziat­o un nodulo a uno dei polmoni. Tre anni dopo, il nodulo evolve in tumore.

Epilogo. Il fotografo vicentino ha ottenuto il riconoscim­ento del nesso di causa tra esposizion­e e malattia con l’aiuto dell’Osservator­io nazionale amianto (Ona). «Me lo ricordo – dice Enzo Bonanni, presidente dell’Osservator­io – era arrivato qui da noi a Roma tutto trafelato. Aveva chiesto alla Asl di Vicenza lumi circa il rischio legato alle fibre di amianto, ma era ignaro di essere malato di cancro. Sembrava in buona salute...». Un medico dell’Ona ha seguito Caliario. E’ stata la salvezza: diagnosi precoce, estirpazio­ne del tumore senza metastasi e richiesta di sussidio all’Inail. L’istituto «si è dovuto arrendere – ancora Bonanni -, ha riconosciu­to la rendita e ora questa persona si avvia al pensioname­nto». Anche Caliario vuol far sentire la propria voce, per ringraziar­e i medici che l’hanno curato e tutto l’Ona: «Ora sono seriamente preoccupat­o per mia moglie, cui è già stato diagnostic­ato un nodulo al polmone, ad oggi sotto controllo, e per i miei figli, che adesso stanno bene ma, come ben sappiamo, gli effetti potrebbero vedersi tra venti o trent’anni. Dove sono le istituzion­i? E chi doveva vigilare e non l’ha fatto?». Domanda aperta.

L’angoscia Ora temo per mia moglie e i miei figli, che pure stanno bene

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