Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Giostraio ucciso, nuovi interrogati Giallo sulla pistola finta nel campo
Si cerca di capire se sia davvero collegabile ai complici. Attesa per gli esami del Ris
TREVISO Nuovi interrogatori in procura per le indagini sull’omicidio di Manuel Major. E c’è il giallo della pistola giocattolo ritrovata sul luogo della sparatoria: un’arma finta, che si sta cercando di capire se sia realmente collegabile ai complici del giostraio, fuggiti lasciandolo agonizzante nell’auto. A quattro mesi dalla morte del 37enne, ucciso da un colpo di pistola sparato da Massimo Zen, 47enne guardia giurata dei Rangers del gruppo Battistolli, continuano serrate le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Treviso, coordinati dal sostituto procuratore Gabriella Cama.
Il vigilante, che è indagato con l’accusa di omicidio volontario, nell’interrogatorio davanti al magistrato assistito dall’avvocato Daniele Panico, ha dichiarato di aver sparato per legittima difesa: «Avevano una pistola, hanno sparato. Mi sono solo difeso». Tre i colpi esplosi dal metronotte, due hanno centrato la carrozzeria della Bmw dei banditi, un colpo ha raggiunto Major alla testa. In questi giorni in procura stanno sfilando tutte le persone, dai soccorritori ai colleghi di Zen che, all’alba del 22 aprile, sono arrivate a Barcon di Vedelago dopo la sparatoria. E ci sono anche alcuni residenti che, a distanza di tempo, hanno recuperato frammenti di ricordi di quell’alba nella quale sono stati svegliati dagli spari.
Ogni testimonianza è importante per gli investigatori che stanno cercando di ricostruire esattamente cos’è successo dal momento nel quale Zen ha messo la sua auto di servizio di traverso sulla strada e ha estratto la sua Glock calibro 9 facendo fuoco contro la banda di giostrai in fuga. Oltre i complici non identificati e fuggiti, non ci sono testimoni diretti a definire il film di quella notte ma soltanto le dichiarazioni della guardia giurata, alle quali gli investigatori devono trovare riscontro. Solo così il 47enne potrà appellarsi alla legittima difesa, come chiede anche il comitato nato per sostenerlo, «Io sto con Zen».
Ed è per questo che, oltre alle testimonianze, si attendono dai Ris di Parma, i risultati delle indagini scientifiche sugli elementi repertati quella notte. L’auto dei malviventi, quella di Zen, la sua Glock. E la pistola giocattolo. Un’arma che non è stata rinvenuta nell’immediatezza dei fatti, ma solo alcune ore dopo l’arrivo dei carabinieri guidati dal maggiore Giovanni Mura. Era abbandonata nei campi, là dove si presume siano scappati i due giostrai che quella notte avevano assaltato tre bancomat insieme a Major.
Si tratta di un’arma finta, che stride con il curriculum criminale di Major e dei suoi complici. Bande che hanno disponibilità e confidenza con le vere armi delle quali, nell’auto usata per i colpi, non c’era alcuna traccia. Nella Bmw i militari hanno trovato solo una cosidetta «marmotta» esplosiva per far saltare i bancomat. Major non era armato, nelle tasche del suo giubbotto sono stati trovati solo due grossi petardi dai quali generalmente viene estratta la polvere da sparo per confezionare gli ordigni esplosivi.