Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ex popolari, la vendita a prezzi di saldo di Bim mette sotto pressione i conti delle liquidazio­ni

- Federico Nicoletti

VENEZIA Ex popolari, la caduta del prezzo di Bim mette già sotto pressione i conti delle liquidazio­ni. Va ben oltre l’aspetto specifico la questione del prezzo di vendita di Banca Intermobil­iare, la controllat­a piemontese di Veneto Banca specializz­ata nel private banking. Vicenda tormentata, la vendita di Bim, ordinata già a fine 2013 da Banca d’Italia dopo le ispezioni come soluzione-tampone per rafforzare il patrimonio, ma mai andata in porto, prima con la cordata piemontese bocciata da Bce nel 2014 e poi con la soluzione degli svizzeri di Bsi finita nel nulla un anno dopo.

Ora la vendita dei commissari liquidator­i rischia di regalare comunque poche soddisfazi­oni. L’effetto visibile della situazione sono i crolli in Borsa ( -9,4% martedì, -6,7% l’altro ieri e -0,19% ieri), che hanno fatto perdere in soli tre giorni il 16% al titolo, passato dagli 1,24 euro di lunedì agli 1,04 di ieri, per un valore attribuito dalla Borsa alla banca di 170 milioni. Crolli che segnalano come il mercato stia tentando di allinearsi ai valori che si pensa offerti nella gara di vendita di Bim tra i quattro fondi in corsa - Barents, Warburg Pincus, Attestor e Jc Flowers, con i rumors che darebbero in vantaggio la prima, rispetto alle altre, subordinat­e a molte condizioni -. Valori che si dicono molto bassi, compresi addirittur­a, a voler dar retta ad alcune indiscrezi­oni, tra i 50 e i 100 milioni. Difficile d’altra parte pensare, dopo aver messo in liquidazio­ne Bpvi e Veneto Banca, che le parti che le componevan­o potessero ottenere, anche solo per motivi opportunis­tici, valutazion­i tanto diverse.

La questione è che la vendita rischia di avere risvolti rilevanti. Bim doveva essere il fiore all’occhiello tra le partecipaz­ioni in vendita. Ed è anche la prima che si realizzerà (e indietro non si torna: Bce ha imposto di vendere entro dicembre), a cui dovrebbe seguire poi Farbanca, la banca dei farmacisti di Bpvi. Capace quindi di dettare i valori di quanto le liquidazio­ni potranno portare a casa con le cessioni. E la partenza rischia di essere deludente.

Risvolto non da poco rispetto all’attesa generale di quanto potrà rientrare con le liquidazio­ni, intanto per coprire i 4,8 miliardi di euro, che possono salire fino a 12, che lo Stato ha messo a disposizio­ne di Intesa Sanpaolo per accollarle le parti buone delle venete. La Relazione tecnica del Tesoro depositata in parlamento con il decreto di liquidazio­ne del 25 giugno poi convertito in legge, stimava, sulla base dei dati forniti da Banca d’Italia, di realizzare 1,7 miliardi da partecipaz­ioni ed equity. Valori che rischiano di uscire in prospettiv­a già ridimensio­nati al primo test. Mettendo oltretutto ancor più pressione sul modello di gestione che si farà dei crediti deteriorat­i che dovranno passare alla Sga. Rispetto a cui va registrata l’indiscrezi­one secondo la quale il piano di gestione delle 80 mila posizioni che saranno ereditate dalle liquidazio­ni punterebbe ad affidare all’esterno parte dei portafogli. E tra i contattati da Sga come gestori ci sarebbero anche due realtà venete come Ifis e Finint, che potrebbe tornar utile anche nel caso fosse confermata, almeno in parte, la prospettiv­a di una cartolariz­zazione delle sofferenze a cui lavoravano le due banche.

Anche qui l’impegno dichiarato in partenza non è di poco conto. Il Tesoro, sempre sulla base dei dati di Bankitalia, ha messo nella relazione al Parlamento di voler recuperare 9,6 miliard sui 17,3 nominali: 4,2 miliardi sugli 8,9 nominali dalle sofferenze e 5,4 sugli 8,4 nominali dai deteriorat­i. Con un impegno, tra l’altro, a riportare in bonis un terzo di questi crediti, e quindi per 2,8 miliardi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy