Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Segre racconta le migrazioni in Libia «Un invito a capire senza pregiudizi»
Al Lido «L’ordine dell cose» del regista padovano affronta al questione dei respingimenti
Qualcuno si è spinto un po’ oltre e gli ha dato del preveggente. Ma è indubbio che alla visione del film L’ordine delle cose del regista padovano Andre Segre – ieri in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia come proiezione speciale – in molti siano rimasti colpiti dall’adesione di un film di finzione alla realtà di queste ore, in Italia e in Europa. L’ordine delle cose parla infatti di un funzionario del ministero dell’Interno italiano, Corrado Rinaldi, interpretato dall’attore trevigiano Pierpaolo Pierobon, incaricato dal governo italiano di occuparsi dei respingimenti in Libia degli immigrati irregolari.
Nel film Corrado non è lo sbirro senz’anima stereotipato: è un uomo, un marito, un padre che progressivamente capisce quale sia la realtà degli hub per immigrati in Libia. Hub come quelli di cui hanno discusso pochi giorni fa il premier francese Emmanuel Macron, quello italiano Paolo Gentiloni e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Corrado vede uomini e donne ammassati in stanza sporche, caricati a forza su camion e rispediti nelle terre dalle quali scappano. E vede un uomo morto con segni di violenza chiuso in una cella di uno dei centri. È da lì che al film – scritto da Segre con Marco Pettenello, lo sceneggiatore degli ultimi film di Carlo Mazzacurati – e al protagonista, s’imprime una svolta narrativa. «Si discute sempre degli altri e non di noi – dice il regista, 41 anni, al terzo lungometraggio di finzione -. Spero che questo film aiuti le persone a capire qual è il nostro ruolo nella storia. Mi auguro ci sia da parte degli spettatori, qualsiasi spettatore, leghista o democratico, la disponibilità a guardarsi dentro. Invito chiunque pensi che sia giusto porre un limite all’immigrazione, a vedere questo film. Per fare un film di questo tipo era necessario un lavoro di ricerca e non era una ricerca facile. Abbiamo fatto un percorso con i vari “Corrado” che fanno queste operazioni e incontrato i poliziotti chiamati a operare in contesti come la Libia. Persone interessanti: era la loro funzione che conteneva una stortura, ma la loro indole umana è diversa».
Come Corrado, ossessivo nel tirare di scherma con la playstation tradendo un desiderio di sfogare la repressione e la frustrazione, ma al tempo stesso capace di gesti poetici. Come quando, computer alla mano, fa vedere Roma via skype alla ragazza somala che gli ha chiesto un aiuto per scappare da uno di questi centri. «Questo film ha cambiato anche me – dice Segre – sono entrato dentro a un modo di pensare molto diverso dal mio, spero succeda lo stesso agli spettatori. Mi auguro ci sia da parte di tutti la voglia di scoprire le tensioni di Corrado e capire che lavoro fa». Per avere questo effetto preveggenza, bisogna partire da lontano. E Segre, con Pettenello e il produttore della Jolefilm Francesco Bonsembiante hanno cominciato a lavorarci trequattro anni fa: «Abbiamo iniziato a scriverlo perché avevamo la sensazione che quello che sta accadendo in queste ore, con i respingimenti in Libia, sarebbe successo di nuovo, dopo una prima volta nel 2009. Sento dire che “la gente non ne può più” e che questo è un problema che avrebbe minato la stabilità sociale del Paese, eppure fino a sei mesi fa nessuno sapeva che stavamo per fare i respingimenti». «Negli altri due film Io sono Li e La prima neve – spiega Pettenello - avevamo parlato di persone che i confini li passano. Stavolta ci siamo detti: proviamo a parlare di chi i confini li difende. La gente dice continuamente: non dipende da me. Questo è un film che vuole farci pensare qualcosa di diverso». «Ne abbiamo parlato tanto con Andrea. Gli ho detto che se facevamo un film con il poliziotto cattivo e la somala buona che vuole scappare non avevamo capito niente», conferma Bonsembiante.
Il film inizia il suo percorso nella sale il 7 settembre, ma nelle intenzioni di autore e produzione è davvero un inizio: un pamphlet scritto dalla scrittrice di origini somale Igiaba Scego, i sociologi Luigi Manconi e Ilvo Diamanti, Andrea Baranes di Banca Etica e Pietro Massarotto, avvocato, sarà distribuito nelle sale che proietteranno il film e sarà possibile inviare commenti, spunti, analisi. «Uno strumento – spiega ancora Segre – per porci domande in modo diverso. Se dalla visione del film ci succederà qualcosa dentro si potranno inviare commenti e spunti al sito www.lordinedellecose.it. Da lì potrà partire una proposta nuova, capace di portarci ad avere il coraggio di cambiare l’ordine delle cose».
Sguardi Vorrei raccontare quale può essere il nostro ruolo nella Storia