Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Padrin ostacola il voto a Sappada È bufera: «Atto inopportuno»
Proteste contro il capo della Provincia, critiche dal Bard e dai comuni in fuga
BELLUNO «Una nota di pessimo gusto». Così il sindaco di Livinallongo del Col di Lana Leandro Grones sulla lettera inviata dal presidente di Palazzo Piloni Roberto Padrin a diverse cariche dello Stato, con la quale chiede di temporeggiare sulla questione di Sappada. Che sarà trattata il 23 ottobre alla Camera, dopo il via libera del Senato.
Nella missiva - rivolta peraltro al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al premier Paolo Gentiloni, al presidente della Camera Laura Boldrini, al sottosegretario Bressa, ai deputati De Menech e D’Incà, ai presidenti di tutti i gruppi parlamentari e ad altri deputati, al governatore del Veneto Luca Zaia e al sindaco di Sappada Manuel Piler Hoffer – Padrin afferma che da presidente della Provincia non se la sente di accettare «che Sappada se ne vada», e si appella alla camera e al governo «perché i deputati non certifichino con il loro voto favorevole spinte centrifughe verso disegni privi di futuro». Sappada chiede di passare dal Veneto al Friuli Venezia Giulia. E ciò a seguito di un referendum del marzo 2008, che si tradusse in un plebiscito per il sì. Ha tutte le carte in regola, e il Senato di recente ha detto di sì.
«Non ho parole per la lettera di Padrin – continua Grones -; anzi, una ce l’ho: è vergognosa, perché va contro i Comuni referendari. Il referendum è un istituto importante, che si cerca di sminuire. Credo che non andrò a votare il 22 ottobre, per l’autonomia della Provincia». Per la sindaca di Alano di Piave Amalia Serenella Bogana «c’è imbarazzo, disagio e perplessità a proposito della lettera: chiediamo l’autonomia per il Bellunese, e non siamo pronti a concedere il distacco ai Sappadini». Furente la presidente del Bard (Belluno autonoma regione Dolomiti) Alessandra Buzzo: «Invitare la Camera a rinviare una decisione che avrebbe dovuto esprimere 10 anni fa è, a fine legislatura, solo un sostegno inopportuno al Governo che non vuole che gli enti locali ottengano il riconoscimento dei loro diritti costituzionali. Il presidente avrebbe invece dovuto, insieme a Sappada, chiedere alle Camere e al Governo nazionali di rispettare le leggi che essi stessi hanno prodotto e la volontà dei cittadini, riconoscendo ai comuni montani provinciali strumenti di autogoverno efficaci e adeguati». Infine, bacchettate anche dall’europarlamentare del Pd Isabella De Monte, prima firmataria del ddl per il passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli Venezia Giulia: «I sappadini hanno già aspettato troppo: non hanno bisogno di riflettere ancora, ma di Istituzioni che non calpestino la loro legittima e sacrosanta volontà».