Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Sul voto il nodo dei veneti all’estero
Sono 330 mila (l’8 per cento) ma alle urne andrà solo chi torna. Una «zavorra» per il quorum
VENEZIA Sono 330mila, costituiscono l’8,11% degli elettori ma difficilmente domenica andranno a votare al referendum per l’autonomia del Veneto. Perché sono veneti residenti all’estero e per una consultazione regionale non è previsto che si attivino le procedure di voto per corrispondenza. E così il dato dell’affluenza parte con l’handicap, come una penalizzazione a inizio di campionato. Ma per i veneti residenti tutto è preparato: 4,5 milioni di schede, 31mila matite copiative e materiale per 4.739 seggi. «Oggi siamo pronti», dice Zaia.
VENEZIA Sono 330mila e pesano per l’8,11% sul quorum del referendum per l’autonomia, i veneti residenti all’estero iscritti all’anagrafe Aire. Non saranno allestiti seggi per loro in America Latina, Stati Uniti, Canada o a Londra perché non è previsto che la macchina del voto all’estero si metta in moto per un referendum consultivo regionale, eppure concorrono a formare la base legale dell’elettorato, quei 4 milioni e 76mila sui quali domenica alle 23 sarà calcolato il 50% più uno degli aventi diritto che rende valida la consultazione. «Non è possibile escluderli dal quorum – spiega il presidente della Regione Luca Zaia – So che qualcuno tornerà dall’America, dalla Germania, so di gite scolastiche rinviate per permettere a tutti di votare».
Ma al netto di qualche decina di rimpatri per il voto, la gran parte dei veneti nel mondo non metterà la firma sull’esito della consultazione. Agli altri, ai veneti che per andare al seggio devono solo attraversare la strada, Zaia fa appello: «Il referendum è una pagina storica bianca: cercate di scriverla». La prima firma su quella pagina sarà del governatore, che alle 6,45 letteralmente aprirà il seggio a San Vendemiano. Per avere la ricevuta di voto numero 1 col gonfalone della Regione con qualità di colori e carta che sta bene anche in cornice? «No – ride – Per dare un segnale. E per ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a mettere in piedi questa macchina imponente che ha richiesto un grande sforzo. Oggi siamo pronti». Quattro milioni e mezzo di schede elettorali e altrettante ricevute, 31 mila matite copiative e 62.555 manifesti: sono i numeri della macchina referendaria, un’organizzazione preparata fino a prendere nota del numero di targa di ciascuno dei furgoni che in contemporanea e con percorsi prestabiliti porteranno schede, verbali e manifesti ai Comuni, che ha un piano B nel caso condizioni meteo eccezionalmente avverse inceppino in meccanismo e anche un piano C se i sistemi informatici dovessero andare in tilt.
All’ultimo miglio della maratona autonomista manca ormai solo il voto. E con quei 330 mila veneti all’estero, il quorum parte con un handicap di meno 8,11%. «Abbiamo fatto in modo che questo sia il referendum dei veneti e il mio invito che va- dano a votare non è perché sono preoccupato per il quorum - assicura Zaia - ma perché è importante che dimostriamo di essere una comunità: votino sì o no, l’importante è che ci contiamo. Ed è importante aprire una trattativa dicendo a Roma che dietro di me c’è un popolo. E la proposta che presentiamo non sarà variabile a seconda di chi governa: vale oggi e vale domani». Per la destra e la sinistra. A proposito, specifica: il referendum non è il mezzo pilota che spiana la strada al ritor-
no del centrodestra al governo a Palazzo Chigi. «No. È una fase anteriore ed esterna alla trattativa, un risultato dei veneti. Che poi ogni partito cercherà di monetizzare». Non è neanche l’apripista per il referendum per l’indipendenza riproposto dal consigliere venetista Antonio Guadagnini: «Fu bocciato nel 2014 dalla Consulta. Punto. Non è argomento di discussione», scandisce Zaia, ricordando che la consultazione di domenica ha un certificato di sana e robusta Costituzione grazie alla sentenza della Corte che ammise il quesito che richiama l’articolo 116 della Carta. «I veneti sanno che maggiore autonomia non vuol dire secessione. - fa eco il presidente nazionale di Udc, Antonio De Poli - Votiamo sì nel solco della Costituzione».
Nel progetto di legge che sarà approvato da giunta e consiglio dopo il referendum e il confronto con parti sociali, sindaci e amministratori, saranno chieste tutte le 23 competenze elencate dall’articolo («Questo è il modo per trattenere fino a nove decimi di 15 miliardi di residuo fiscale», dice il presidente), premessa per approdare poi «agli articoli 118 e 119 per l’autonomia fiscale» e mettere mano anche alle aliquote Irpef, ad esempio. Un’autonomia alla tedesca, ha in mente il governatore, con la possibilità di «cambiare anche i contratti con gli insegnanti e i dipendenti dello Stato» che passerano alla Regione insieme alle nuove competenze. Un percorso di trattativa col governo che il presidente calcola si possa compiere in sei mesi: «Si vota a marzo: volendo, possono anche fare bella figura con i veneti».
Il presupposto è che il referendum superi il quorum. In caso contrario, Zaia non si sentirà perdente: «Non sarà una mia sconfitta. Saranno i veneti a decidere: io il mio dovere l’ho fatto, mettendoli in condizione di esprimersi». A spingere l’astensione sono Mpd, Sinistra Italiana, Possibile e la sinistra Pd. «Zaia non si è mai confrontato con nessuno - accusa il consigliere regionale Graziano Azzalin - solo monologhi o comizi: meglio la propaganda del dibattito per scacciare la paura di non raggiungere il quorum perché sempre più veneti si stanno convincendo che l’unica soluzione ad una consultazione assolutamente strumentale è il non voto. Zaia ha deciso anche la delegazione che andrà a trattare a Roma: nessuno s’illuda».