Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Esplosione in pizzeria: arrestato il titolare
Pieve di Cadore, Alessandro Piccin avrebbe inscenato l’attentato per intascare l’assicurazione sul locale
Il botto La notte tra il 23 e il 24 aprile scorsi fu squassata anche da un rogo Nei guai Da ieri ai domiciliari in casa l’altro cadorino Luigi Zanettin Complici Implicati pure due pugliesi e un campano
PIEVE DI CADORE Sembrava un attentato incendiario che aveva fatto pensare a forme di criminalità organizzata tipiche di altri territori. E invece l’esplosione e il rogo che la notte tra il 23 e il 24 aprile scorsi devastarono la pizzeria «Mordi e fuggi» di Pieve di Cadore si è tradotto nel tentativo da parte di un imprenditore in crisi di truffare la propria compagnia assicurativa.
L’operazione dei carabinieri di Cortina è scattata ieri all’alba, portando all’arresto del cadorino Alessandro Piccin, 41 anni, titolare della pizzeria e del complice, cadorino anche lui, Luigi Zanettin, 36 anni. L’incendio di quella notte non aveva solo distrutto un locale e rovinato gli edifici adiacenti. I vigili del fuoco intervenuti avevano trovato a terra il giovane pugliese di Brindisi Pasquale Ferraro, 21 anni che, avvolto dalle fiamme e con le gambe rotte, si trascinava sull’asfalto per sfuggire al fuoco.
Le indagini dei carabinieri di Pieve di Cadore erano iniziate la notte stessa. Si parlava allora appunto di attentato incendiario. Il 14 giugno erano stati individuati e arrestati Fabio Laritonda, 40enne, un altro brindisino da tempo residente in Cadore a Domegge che aveva coinvolto nell’attentato il corregionale Ferraro (suo ospite, giunto poco prima dell’attentato dalla Puglia) e il tassista di Pieve di Cadore Giuseppe Lauro,57 anni, di origine napoletana.
Mancava una sola tessera al mosaico: il movente. Il trio criminale non aveva rivelato nulla. Intanto i carabinieri stavano indagando e conducendo una minuziosa attività di sorveglianza per chiarire la posizione dei responsabili. Il movente dell’attentato ora è venuto a galla: a Piccin servivano soldi. La sua attività (l’uomo è anche titolare di un’impresa di termotecnica con sede vicino al locale bruciato) non andava bene. L’idea di dare fuoco al locale potrebbe essere venuta in mente all’uomo da un litigio avuto con un altro imprenditore del posto (con cui era indebitato) che minacciava di fargliela pagare e di bruciargli la pizzeria.
Così Piccin aveva alzato i massimali di risarcimento della polizza in caso di danneggiamenti, incurante dei sospetti che questa sua azione avrebbe sollevato.
A quel punto il pizzaiolo aveva solo bisogno di qualcuno che incendiasse materialmente il locale e che non fosse riconducibile a se stesso. Qui che entra in gioco l’amico Zanettin che, oltre a prendere contatto con Laritonda, sarebbe poi stato l’intermediario negli accordi. Secondo gli inquirenti, Zanettin avrebbe consegnato al trio criminale l’anticipo per il colpo, ossia metà dei 4.500 euro stabiliti e le chiavi della pizzeria dove i tre avrebbero trovato già pronte le taniche di benzina. Si presume che Zanettin possa essersi prestato in cambio di un compenso promesso dall’amico Piccin.
L’indagine si è protratta per diversi mesi e ha visto la collaborazione tra il Nucleo operativo di Cortina, i carabinieri di Pieve di Cadore e la Procura di Belluno. Tra i passaggi più importanti dell’inchiesta, il ritrovamento delle chiavi della pizzeria a casa di Laritonda e la prova di numerosi incontri e dialoghi tra le persone coinvolte che si sono rivelati fondamentali per chiarire la vicenda. Gli ultimi arrestati sono accusati di «concorso in incendio doloso aggravato e in danneggiamento fraudolento di beni assicurati».
Piccin dovrà rispondere anche di calunnia aggravata per avere tentato di depistare le indagini accusando un’altra persona. Diverse le misure cautelari applicate. In carcere Piccin, agli arresti domiciliari nella propria abitazione Zanettin.