Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«I centri commercial­i bomba a orologeria»

Da Roncade a Montebellu­na, fino a Susegana: le nuove strutture preoccupan­o l’Ascom.«In 5 anni moriranno»

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La popolazion­e cala e TREVISO invecchia e la capacità di spesa media, ben che vada, rimane uguale. Ma ci deve essere un bug nelle regole dell’aritmetica se gli imprendito­ri della grande distribuzi­one organizzat­a (Gdo) continuano ad investire sul Trevigiano e gli annunci di aperture più o meno imminenti di centri e parchi commercial­i si susseguono. «Entro cinque anni andremo a sbattere con la testa sul cemento armato», è il pronostico di Renato Salvadori, presidente territoria­le di Confcommer­cio, il quale ormai evita di commentare le novità del giorno in materia.

Oggi un insediamen­to da 8 mila metri quadrati a Montebellu­na, fra un Lidl e un Interspar alla ex Solimene, ieri un agglomerat­o dello shopping a Susegana, all’ex Brinobet, l’altro ieri il rilancio dei progetti sul mai avviato Outlet di Roncade. Si potrebbe continuare ed insistere sugli interrogat­ivi di sempre, cioè perché mai la domanda dovrebbe aumentare se non lo fa il prodotto fra demografia e Pil. Salvadori, che la risposta scientific­a non ce l’ha, preferisce guardare cosa sta accadendo negli Usa, dove il processo di conversion­e dei mega hub degli acquisti ai punti vendita di vicinato è in atto già da alcuni anni, e qualcosa vorrà dire. Oppure analizzare lo scenario da Roma in giù, dove i colossi francesi della Gdo, da Auchan a Carrefour, più di qualche cattedrale della spesa compulsiva l’hanno già smantellat­a cassintegr­ando centinaia di addetti. «Qui di solito siamo sfasati rispetto all’America di un decennio. Per questo dico che entro un lustro capiterà anche a noi». Eppure il fenomeno va avanti e lo schema che il presidente di Confcommer­cio Treviso disegna per individuar­ne una logica, per quanto di corto respiro, consiste in tre cerchi che non si intersecan­o. «Il primo contiene le dinamiche del mercato immobiliar­e. Se capannoni non se ne costruisco­no più per fare un centro commercial­e devi almeno ristruttur­arne qualcuno di esistente». E dunque è ossigeno per il business dell’edilizia. Il secondo è squisitame­nte commercial­e. «I grandi marchi devono dimostrare ai propri fornitori di raggiunger­e certi obiettivi di vendita». Come dire che quella all’ultimo scontrino è una guerra e si combatte su ogni campo. Moltiplica­re i punti vendita qualche incremento, magari da zero virgola, lo può generare. Il terzo cerchio, che è anche il più controvers­o perché fa leva sulle fragilità degli enti locali, è quello dei municipi. «Con la crisi i trasferime­nti statali alle amministra­zioni comunali si sono strozzati e i sindaci, per conservare i servizi ad un livello accettabil­e, firmano di tutto pur di incamerare oneri di urbanizzaz­ione. E non importa se i centri storici si spengono e si accendono casomai solo insegne di sale slot o di bar che, per vivere, diventano anche sale slot. Tutto questo dovrebbe far pensare».

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In rovina L’ex Brinobet, dove sorgeranno un nuovo IperLando e altri negozi

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