Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Prof a luci rosse, negli sms all’alunna la richiesta di «incontri appartati»
Il gip nell’ordinanza: «Gravi indizi di colpevolezza». E lui continua a difendersi
TREVISO Incontri appartati. Solo lui e lei. Dove lui sta per il professore e lei per la sua studentessa di 16 anni.
Ci sarebbero anche messaggi di questo tenore, tra quelli per i quali, il 50enne docente trevigiano è stato indagato dalla procura con l’accusa di atti sessuali con minorenne. Nelle chat tra l’uomo e la ragazzina, sarebbero emersi, infatti, anche gli inviti del prof per avere «incontri appartati». Lui si difende, respinge ogni accusa, e così fanno i suoi avvocati Federico Vianelli e Alfonso Distaso che assicurano: «Agli atti non c’è nulla di penalmente rilevante». Ma a ribadirlo, nell’ordinanza con la quale, nell’ottobre scorso, ha respinto l’istanza della procura per la sospensione dall’insegnamento del docente indagato, è stato il gip Bruno Casciarri che li ha citati. Il giudice, scrive che il rischio di reiterazione del reato è attenuato dall’aspettativa chiesta dall’insegnante (prima autosospeso e poi dimesso). Ma allo stesso tempo, precisa che «i gravi indizi di colpevolezza» ci sono e li ravvede nei messaggi «dall’esplicito contenuto a carattere sessuale», nelle immagini «in pose intime» della giovane e negli inviti, provenienti dal docente, «di incontri appartati», appunto. Sottolineando come il comportamento del professore, rappresenti anche una distorta visione di un normale «rapporto pedagogico».
L’insegnante però si difende: «Non c’è nulla di vero». E i suoi avvocati rilanciano citando la sentenza con la quale, il 2 novembre, il tribunale del Riesame ha accolto la loro richiesta di dissequestro del telefonino del 50enne (quello che conteneva le chat), nella quale si fa riferimento alla denuncia dei genitori della minorenne: «Dalla suddetta querela - si legge nel dispositivo - non emergono condotte addebitabili all’indagato, anche solo astrattamente qualificabili come atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere atti sessuali». Giudizi diversi, visioni diverse di una vicenda che continua a creare sconcerto in città. Per l’età della presunta vittima e dell’indagato. Per l’ambiente dove questo «rapporto particolare» è nato e cioè le aule della scuola. Per le indagini che avrebbero fatto emergere altre ragazze con le quali il professore avrebbe intrattenuto chat «poco opportune».
«Ma al centro di tutto, va ricordato – interviene Stefano Pietrobon legale della famiglia della 16enne -, c’è una minorenne che ha subito un abuso. Perché, anche se nel suo comportamento non venisse ravvisato un reato, permettetemi di dire che quel tipo di comunicazioni tra un’insegnante e una sua studentessa, non è semplicemente inopportuno ma è un abuso».
Il legale ribadisce la volontà della famiglia di non alimentare lo stillicidio di controaccuse che arriverebbero dalla difesa: «La strategia difensiva è prerogativa di ogni difensore, ma arrivare a ipotizzare che una ragazzina si sia inventata tutto per ritorsione, come avrebbe sostenuto il docente, è scorretto. E mi lascia interdetto l’aver letto di atti che escluderebbero anche in via astratta un qualsiasi reato nei fatti all’esame della magistratura. Spero che su questa vicenda torni a calare il silenzio, e che se ne dibatta solo nel luogo opportuno e cioè nelle aule giudiziarie».