Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Allievi: «Immigrati e regole, è tutto da cambiare»
Il sociologo: gli irregolari vanno bloccati all’origine
Come sempre, il problema sta nella giusta distanza da cui si osserva il problema. Se noi guardiamo soltanto al barcone che attraversa il Mediterraneo, stipato di poveri disgraziati, non potremo mai capire (e tanto meno potremo trovare soluzioni efficaci) un fenomeno epocale e ineluttabile come quello delle migrazioni. «Bisogna guardare da più lontano, cambiare scala interpretativa», scrive Stefano Allievi. Anzi, bisogna proprio «cambiare tutto».
Così si intitola l’ultimo saggio del sociologo padovano, docente del Bo e direttore del master sull’Islam in Europa (Immigrazione, cambiare tutto, edito da Laterza, 142 pagine, 14 euro, seguito ideale del fortunatissimo «Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione», scritto con il demografo e senatore della Repubblica Gianpiero Dalla Zuanna). E, nel tutto che bisogna rovesciare, ci sono anche un bel po’ di luoghi comuni sulle migrazioni che ne hanno accompagnato la narrazione dominante. Da destra e da sinistra.
Professor Allievi, partiamo da qui: piacciano o meno, l’Europa può permettersi di fare a meno dei migranti?
«Il contesto in cui siamo immersi è un contesto di mobilità in continuo aumento, semplicemente perché il mondo è grande e sono sempre di più le persone che vogliono, o devono, spostarsi. Vi stupirà sapere che la Germania e la Gran Bretagna sono tra i primi Paesi europei da cui la gente emigra, non certo per bisogno. Dunque, è vero e documentato che l’Europa ha bisogno di 3 milioni di persone ogni anno, perché questo è il differenziale negativo tra chi esce dal mondo del lavoro e chi vi entra».
Cosa se ne può dedurre? «Che 280 mila sbarchi ogni anno sono evidentemente un problema se arrivano per intero qui da noi, mentre potrebbero essere un pezzo della soluzione se ce li dividessimo fra tutti in Europa. Per altro, ce lo dicono fior di ricerche a livello mondiale: per ogni posto di lavoro creativo e qualificato, se ne generano altri 5 di lavori “normali”. Chi li farà?».
Quindi, la visuale si sposta: la vera questione è come siamo capaci di gestire questi flussi migratori?
«Proprio così. Oggi, purtroppo, la gestione è lasciata interamente a due fattori: le condizioni meteo e i trafficanti di uomini. Faccio notare che i trafficanti fanno scouting e incentivano un tipo di emigrazione preoccupante per livello medio di istruzione e di competenze, che sono bassissime».
La prima cosa da fare per prendere in mano la situazione?
«Darsi dei criteri per riaprire i canali regolari di ingresso in Italia e in Europa, come avveniva in passato, e bloccare gli irregolari all’origine. Sapendo che anche bloccarli comporta dei costi, in termini di progetti di sviluppo e di accordi con i governi dei Paesi di partenza».
E poi?
«E poi il sistema attuale di accoglienza è chiaramente inefficiente: non può durare due anni e non può essere lasciato privo di controlli a posteriori, che servono per l’appunto a verificare se ha funzionato oppure no. Mi spiego meglio: quei miliardi che l’Italia spende per accogliere i migranti non sono, in assoluto, una cifra altissima ma rischiano comunque di essere soldi sprecati se vengono spesi interamente in accoglienza (vit- to e alloggio, per capirci) e non per una reale integrazione: corsi di lingua, avviamento al lavoro e via dicendo. Nel primo caso è la classica spesa improduttiva, nel secondo può diventare un investimento».
Detto in altri termini: vediamo come ricavarne qualcosa di buono?
«Sulle migrazioni c’è stata una polarizzazione ideologica, mentre la convenienza di tutti, dei migranti e anche nostra, è andare nel concreto a vedere che cosa serve, per esempio controllando i flussi e ponendo delle condizioni che facciano arrivare quelli di cui abbiamo veramente bisogno. E a chi la vede da sinistra, ricordo che uno Stato non sopravvive a lungo se non si dà dei criteri e se non ha il controllo dei proprio confini. Oltretutto, non possiamo appaltare alle mafie internazionali la decisione su chi entra in Europa e chi no».
L’Italia le sembra pronta a «cambiare tutto»?
«Da noi finora è prevalso l’approccio ideologico: non ce ne occupiamo e basta oppure mandiamo le ruspe a risolvere la situazione. Ma le ruspe nel Mediterraneo affondano. L’unica via è creare un sistema ragionato di chiuse, come si fa con i fiumi, per regolare i flussi».