Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Oltre il bosone di Higgs l’eredità del progetto raccolta da un veneto
PADOVA «Quando abbiamo fatto la campagna per trovare il bosone di Higgs era come cercare un ago in un pagliaio. Era difficilissimo da trovare, ma almeno sapevano cosa cercare. Ora sappiamo che nel pagliaio c’è qualcosa d’altro, ma non sappiamo cos’è, ed è molto più complicato. Potrebbe essere uno spillo, un sassolino, un anellino, una pietruzza, una disposizione strana della paglia...». L’accento bellunese di Roberto Carlin è una cantilena aperta, morbida e lenta, capace di rendere (quasi) piacevole e facile (in realtà non lo è per nulla) ragionare di forze fondamentali dell’universo e del tentativo di carpirne il funzionamento in corso a Ginevra. Ordinario di fisica, dipartimento di Fisica e Astronomia dell’università di Padova, classe ‘59, Carlin è stato eletto nuovo spokesperson di Compact Muon Solenoid (Cms). Traduzione per comuni mortali: da settembre l’americano Joel Butler cederà a un cervello veneto il compito di coordinare (e ampliare) l’esperimento di fisica delle particelle più ambizioso al mondo, in corso nei laboratori ginevrini del Cern, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare.
Professor Carlin, cosa fate lì a Ginevra? Cos’è il Cms?
«E’ un esperimento concepito a metà dei ‘90, che raccoglie dati dal 2010 e si pensa continuerà fino almeno al 2035. Ci sono due esperimenti, Atlas e Cms. Il secondo è piacevolmente “antagonista” al primo, e sono quelli che hanno trovato il bosone di Higgs. Lavorano nel più grande acceleratore di particelle del mondo, quello del Cern di Ginevra, e misurano, facendo scontare protoni ad altissima energia, le interazioni ad altissima energia e quindi la produzione di particelle infinitamente piccole».
Scopo?
«Misurare le forze fondamentali che tengono insieme l’universo, le quattro forze che conosciamo attualmente (interazione gravitazionale, interazione elettromagnetica, interazione nucleare debole e l’interazione nucleare forte, ndr)».
Perché è così importante il bosone, la particella di Dio?
«Il bosone di Higgs è stato interessante perché era l’ultimo elemento, l’ultima particella che mancava nel quadro del modello standard, la teoria fondamentale che attualmente inquadra le interazioni ad altissima energia. Sapevamo che per far funzionare bene quella teoria era almeno necessario il bosone di Higgs».
State ricreando le condizioni del Big Bang?
«Difficile. Il Big Bang è un evento ad altissima energia. Temperature e condizioni iniziali sono veramente estreme. Poi, con l’espansione dell’universo, in microsecondi le temperature continuano a calare. Noi ci avviciniamo, stiamo creando condizioni sempre più vicine a quelle che c’erano durante quell’evento, che però conteneva tutta l’energia dell’universo. Non possiamo creare localmente le condizioni che contengono tutta l’energia dell’universo. Ci si avvicina per studiare».
Cosa vi attendete?
«Il modello standard funziona molto bene, prevede alcune cose molto precisamente ma sappiamo di sicuro che ci sono delle cose che non prevede. C’è la materia oscura, che dal punto di vista cosmologico sembra spiegare sia la dinamica delle galassie che altri fenomeni, anche quello della radiazione di fondo cosmica. Ci sono delle cose che il modello non prevede e che sono difficili da spiegare: la massa di certe particelle, la massa stessa del bosone di Higgs. Stiamo cercando di costruire qualcosa al di là del modello standard, che contenga il modello standard, che funziona benissimo, ma spieghi qualcosa in più».
Intagliatore di legno, da buon montanaro, amante dello sci e della tranquillità, al professor Carlin, ieri, gli auguri e i complimenti, tra gli altri, del rettore di Padova, Rosario Rizzuto, del presidente del Veneto, Luca Zaia. Gli serviranno: la sua frontiera è l’infinito.
Carlin
Lo scopo è misurare le forze che tengono insieme l’universo