Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Benedetti e Cozzolino non si arrendono «Ricorso ai probiviri»
Berti: «Risparmi in Regione per i truffati delle banche»
VENEZIA Al netto dell’ambiguità dei termini - si spazia fra espulsi e «autosospesi» Emanuele Cozzolino e Silvia Benedetti non sembrano intenzionati a mollare. Dati, forse prematuramente, per «espulsi» i due parlamentari pentastellati veneti finiti nella black list di chi ha «restituito» troppo poco al fondo per il microcredito attendono il verdetto dei probiviri del Movimento 5 Stelle. Ed è vero che rispetto alla cifra monstrum del collega piemontese, il recordman, per così dire, Ivan Della Valle che di euro ha omesso di versarne 270 mila, vale a dire quasi tutti, Cozzolino e Benedetti avrebbero omesso rispettivamente 13 mila e 23 mila euro. Comunque troppi secondo gli inviperiti commenti social. Cozzolino specifica: «Ho versato 185.131,86 euro, importo verificato con lo staff di Di Maio. Ora sono in attesa di un confronto con il Collegio dei probiviri». Cozzolino dice di seguire le regole del Movimento e di aver perciò deciso di «interrompere la campagna elettorale e di autosospendermi finché i probiviri non si pronunceranno».
Intenzionata a seguire la stessa linea anche la Benedetti. Dopo una settimana di polemiche roventi i pentastellati veneti tentano di riportare la barra al centro. Francesca Businarolo, deputato scaligero, ad esempio, ricorda quanto il fondo per il microcredito abbia aiutato le aziende artigianali scaligere: «Ne hanno beneficiato in tutto 33 aziende. Il comune con più accessi al microcredito è Verona, con 15 aziende, seguito da Bussolengo, Bovolone, Legnago e Sona». La tattica di gioco, ed era prevedibile, sta cambiando dal catenaccio al contrattacco. Vero è che, dal livello nazionale filtra ancora soltanto la linea dura. Di ieri una dichiarazione di Roberto Fico (M5S): «Invito il Parlamento fin da ora a votare per le dimissioni di queste persone. Sono stipendi legittimi e non è stato rubato un solo euro allo Stato, però hanno tradito un patto stretto all’interno del Movimento». Nel frattempo non si placano le polemiche tutte interne sul fronte dei rappresentanti pentastellati in Regione.
Ad alimentarle sono ancora una volta le chat degli attivisti che, nel 99% dei casi, però, non ci mettono la faccia. Ad alcuni proprio non va giù l’esiguità delle restituzioni da Palazzo Ferro Fini e, soprattutto, la scelta, per 4 consiglieri su 5 (esclusa Patrizia Bartelle) di far transitare i versamenti attraverso una onlus. Una lettura maligna sottolinea come quei soldi siano poi detraibili dalle tasse. Altri segnalano come alcuni consiglieri del M5S che rivestono un ruolo nelle commissioni o da capogruppo percepiscano la corrispettiva «indennità di funzione» mentre i colleghi parlamentari vi rinunciano a monte.
Il capogruppo in Regione, Jacopo Berti risponde così: «Non mi capacito di tanto accanimento. Perché una onlus? perché il commercialista ce l’ha consigliata come forma più trasparente per fare del bene. I 68 mila euro non ancora spesi? Stiamo facendo “musina” per sostenere in ricorsi dei truffati delle banche alla Corte europea di giustizia. Quanto alle nostre spese, sono tutte rendicontate». Infine, filtra poco o nulla dall’altro grande dramma veneto a 5 Stelle, quell’addio di David Borrelli per fondare un nuovo soggetto politico. Al massimo qualche attenzione forse non richiesta come quella di Della Valle, altro ex ma non per scelta: «Torno a fare l’agente di commercio, - ha spiegato in un’intervista a Repubblica con un occhio al movimento delle imprese di borrelli, lui ha fatto quello che avrei dovuto fare io, se n’è andato».