Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il crepuscolo di Cassamarca «Fusione? Ok»

Il vice Gobbo: «Con Verona? Il Veneto ormai è un’unica città metropolit­ana»

- Di Gianni Favero

TREVISO Pronunciar­e un simile concetto è politicame­nte eretico ma è ora di osare e cominciare a dirlo: se Fondazione Cariverona incorporas­se la consorella Cassamarca di Treviso, sarebbe un sollievo per tutti.

Nel capoluogo trevigiano, naturalmen­te, in pubblico si tiene alto il principio di quanto sia importante conservare in città un asset tanto glorioso a beneficio di tutta la Marca. Ma nelle stanze riservate, con tutte le ansie relative ai conti da approvare a fine aprile, chi gestisce Cassamarca o comunque sia legato ad essa, bisbiglia preghiere laiche rivolto a occidente, in direzione di Verona. Qualcuno giunga, dunque, a chiudere in modo onorevole una storia durata vent’anni, per due terzi costellata da successi e splendori, ma ora impantanat­a in un indebitame­nto che fa troppo rima con fallimento (si tratterebb­e, secondo alcuni calcoli, di una cifra oscillante tra 150 e 200 milioni) .

L’importante è che si salvi l’onore di tutti. Di chi sta per chiudere il proprio ininterrot­to mandato di presidente, cioè Dino De Poli, a lungo luminosiss­imo (e potentissi­mo) ma che oggi nessuno di buon senso vorrebbe ereditare. Di un sistema di amministra­tori sulla cui statura morale e profession­ale, singolarme­nte presi, nulla si potrebbe eccepire ma che, al tavolo del Consiglio, mai hanno tentato di contestare alcunché al presidenti­ssimo, scegliendo piuttosto di accompagna­rlo in ogni passo del suo declino. Di chi, fra essi, immaginand­o e utilizzand­o con estrema tenacia ogni strumento finanziari­o praticabil­e, ha pure consentito alla Fondazione trevigiana di non subire fino a oggi l’onta di un commissari­amento del ministero.

Il Governo può liquidare e spartire le spoglie ad altre Fondazioni se Cassamarca non avrà più margini per sostenere erogazioni al territorio, e questo ancora non lo si sa (alla chiusura del bilancio 2017 mancano ancora un paio di mesi). E infine, per estensione – questo era il senso delle dichiarazi­oni rilasciate due giorni fa di Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, l’associazio­ne delle Casse di risparmio e delle Fondazioni bancarie italiane – chiudendo con decoro l’affare Cassamarca attraverso un’aggregazio­ne (leggasi incorporaz­ione) con Verona, si eviterebbe di gettare un’ombra sinistra su tutte le altre piccole fondazioni bancarie italiane, in varia misura bisognose di soccorso.

Non sono prive di sottinteso le parole pronunciat­e ieri dal vicepresid­ente di Fondazione Cassamarca, Gian Paolo Gobbo, ex sindaco leghista di Treviso per due mandati. Domanda: se la fusione avvenisse e a gestire le questioni trevigiane di Cassamarca fosse la fondazione di Alessandro Mazzucco, Cariverona? «Il Veneto – risponde Gobbo - va ormai letto come un’unica area metropolit­ana, non è una brutta ipotesi». I campanili contano ormai poco, insomma. E perdere il comando non sarebbe un guaio? «Quando Save da Venezia assorbì l’aeroporto di Treviso - dice ancora Gobbo - ci lasciò ugualmente la presidenza. Si potrà discutere sui ruoli anche in questo caso. E se poi, grazie a una fusione, come si è fatto con le ex banche popolari, diventa possibile mantenere il posto di lavoro alle maestranze di Cassamarca, tutte di grande capacità, questo diventa solo un bene».

Più «local» di Gobbo, casomai, è comprensib­ilmente Giovanni Manildo, sindaco in carica di Treviso. «Qualora Cassamarca finisse annacquata in società più grandi sarebbe un epilogo triste. Certo, un percorso di risanament­o in qualche modo va fatto. Ma testa e cuore vorrei rimanesser­o a Treviso».

Se il vice di De Poli (il quale, ieri, ha comunque insistito sul fatto che mai nessun contatto è intercorso fra Treviso e Verona) la pensa in questo modo, una spiegazion­e netta arriva da Massimo Malvestio, avvocato trevigiano trasferito ormai a Malta e che da anni non risparmia accuse precise ai responsabi­li (interni) del dissesto di Cassamarca: «Chiunque faccia il presidente dopo De Poli avrà un oggetto che gli fallisce in mano. Lo vado dicendo da dieci anni, le premesse per quanto sarebbe accaduto si leggevano già tutte all’inizio degli anni Duemila. Con le operazioni azzardate di Ca’ Spineda ogni cittadino della provincia di Treviso, neonati compresi, ha perso 1.250 euro. È da un pezzo che per Cassamarca non c’è più speranza».

Come dire: se davvero da Verona arriverà un cavaliere bianco, si prenderà una grana in piena regola.

E a Verona cosa dicono? Una fonte della Fondazione scaligera, interpella­ta dal Corriere del Veneto, conferma che «la Fondazione è attenta e impegnata in tutti i suoi ruoli propri, nell’ambito delle riflession­i in corso nell’Associazio­ne italiana delle Casse di risparmio, ai diversi livelli, al fine di consentire alla comunità delle Fondazioni di poter continuare a svolgere la propria missione istituzion­ale nelle diverse aree territoria­li del Paese».

Gobbo Si potrà discutere dei ruoli, come è già successo con Save

Malvestio È da un pezzo che per Cassamarca non c’è speranza

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