Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Boscaiolo morì travolto dal tronco La Cassazione: «Appello da rifare»
SAN PIETRO DI CADORE Processo da rifare. La Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello che condannava Stefano De Candido Romole a sei mesi di reclusione per omicidio colposo. L’uomo era il capo squadra di Michael Casanova Fuga, il diciannovenne boscaiolo di Costalta morto sette anni fa in un incidente sul lavoro, schiacciato da un tronco.
La tragedia si era consumata il 10 febbraio 2011 in un cantiere forestale a San Pietro di Cadore. Sul posto, intente a disboscare, due squadre di lavoratori. Un tronco abbattuto da De Candido Romole, largo 80 centimetri, lungo nove metri e pesante 35 quintali, era scivolato su altri due tronchi a terra rotolando per alcuni metri e travolgendo il ragazzo. Una morte che diede vita a un’inchiesta per omicidio colposo, facendo finire sul banco degli imputati proprio De Candido. Il Tribunale di Belluno, in primo grado, aveva assolto l’imputato. Il giudice aveva infatti escluso che De Candido svolgesse funzioni di capo-squadra e che rivestisse nell’occasione, per contratto, una posizione di garanzia rispetto al diciottenne. Inoltre si evidenziava l’impossibilità a ricostruire con esattezza la dinamica dell’incidente. L’unica cosa certa era che la vittima si trovava a valle del tronco, in una posizione pericolosa.
In seguito la Corte d’Appello aveva annullato la sentenza condannando l’uomo a sei mesi. La condotta di De Candido era stata ritenuta rispettosa delle «linee guida per l’esecuzione delle utilizzazioni forestali» elaborate dalla Regione ma in ogni caso colposa. «L’imprudenza commessa da De Candido – si legge nella sentenza della Corte veneziana – è consistita nel non assicurare il tronco in una condizione di effettiva stabilità. Lasciandolo coricato su due tronchi, in posizione sbilenca e non bloccato da alcun efficace arresto, ha creato una situazione di pericolo per chi lavorava vicino».
Il 15 dicembre dell’anno scorso la Cassazione ha però annullato tutto. Motivo? La sentenza della Corte d’Appello avrebbe fatto leva solo sulle conclusioni del consulente della parte civile senza tenere conto dei contenuti delle relazioni tecniche delle altre parti. Avrebbe così violato il principio secondo cui un giudice, trovandosi davanti ricostruzioni tecniche opposte, deve metterle a confronto. Il processo ripartirà quindi dal secondo grado.