Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Al Fisco una causa su due «Ma il potere è troppo sbilanciato sullo Stato»
Anno giudiziario tributario. Metà cause allo Stato: «Potere sbilanciato»
Solo nell’ultimo anno il contenzioso contro il fisco in Veneto è calato del 20 per cento. «Gli istituti deflattivi stanno funzionando», ha detto ieri a Venezia il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate Pierluigi Merletti, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario tributario. Metà delle cause le vince lo Stato. Gli avvocati: «Questa legge favorisce l’evasione».
VENEZIA Solo nell’ultimo anno il contenzioso contro il fisco in Veneto è calato del 20 per cento. E nel triennio, i ricorsi sono diminuiti del 42 per cento in primo grado e del 20 per cento in appello. «Gli istituti deflattivi stanno funzionando, tra accertamento con adesione, autotutela, mediazione, ravvedimento operoso», dice il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate Pierluigi Merletti. Secondo i dati dell’Agenzia, da quando nel 2012 è stata introdotta la mediazione, su 24 mila istanze di reclamo, solo la metà è poi arrivata di fronte alle commissioni tributarie per il «processo» vero e proprio, mentre il resto si è risolto prima. Tutto bene, verrebbe da dire, ma ieri, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario tributario, ci ha pensato Antonio Viotto, avvocato e docente universitario a Ca’ Foscari, a dare un punto di vista diverso: «Bisogna ripensare il sistema sanzionatorio e il suo effetto deterrente - ha detto Viotto - Con il ravvedimento operoso si rende conveniente l’evasione, perché l’evasore, se scoperto, paga solo una maggiorazione del 15/18 per cento. Se si aggiungono l’innalzamento delle sotito glie penali e le depenalizzazioni, il rischio di evasione in questo paese è ormai troppo basso». «Accademia e professioni hanno una libertà di giudizio che io non posso avere - taglia corto Merletti noi dobbiamo gestire il sistema fiscale esistente».
Carmine Scarano, presidente facente funzioni (da ormai oltre due anni) della commissione tributaria regionale, aveva aperto il dibat- sottolineando alcuni problemi di un settore delicatissimo per gli interessi economici in campo: la sezione regionale, giudice d’appello, lo scorso anno ha definito 1499 contenziosi, che avevano un valore complessivo di 409 milioni di euro (di cui 301 solo nei 70 ricorsi ultra-milionari). Scarano ha lamentato gli ormai annosi problemi di scopertura sia dei giudici che del personale, l’eccesso di impugnazioni spesso pedisseque (anche da parte dell’amministrazione finanziaria) e ha auspicato una riforma. «Bisogna uscire dall’ambiguità di fondo di una magistratura onoraria con una sorta di giudice dopolavorista a cottimo - ha detto Scarano - Serve un giudice dedicato a tempo pieno». Una decina di punti li aveva già individuati la Camera degli avvocati tributaristi del Veneto, che tre settimane fa ha comprato una pagina sul Sole-24 Ore per lanciarli e che ieri li ha ribaditi per bocca del suo presidente Umberto Santi: «Servono giudici a tempo pieno, ma anche una revisione del processo che sia più equilibrato tra le parti - ha detto - Ora è un processo sbilanciato a favore della parte pubblica e gli uffici giudiziari tributari sono alle dipendenze del ministero dell’Economia, che è una delle parti in causa». Osservazioni analoghe a quelle dei commercialisti, che per bocca del consigliere dell’Ordine Marco De Marchis hanno anche criticato l’ipotesi di un utilizzo in Cassazione – ingolfata di ricorsi – dei finanzieri per sistemare i fascicoli. «Un’evidente inopportunità - il commento di De Marchis - L’amministrazione finanziaria deve perseguire l’evasione, non creare gettito, per esempio con strumenti come le presunzioni».
Merletti ha detto che il 65 per cento dei ricorsi riguarda gli accertamenti, il 12 la riscossione, il 7 le attività dell’ex Agenzia del territorio, il 6 i rimborsi, il 4 le liquidazioni. E comunque, riguardo ai primi, per i contribuenti mediograndi solo un accertamento su 5 viene impugnato. In primo grado l’Agenzia delle Entrate vince nel 54 per cento dei casi, e «pareggia» anche in appello. Alla fine dei conti però, riguardo alle sentenze passate in giudicato, nel 78 per cento dei casi la pretesa è confermata in tutto o in parte