Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
E per lo scandalo Mose, a secco i conti congelati
Mose, da Giovanni Mazzacurati, l’ex patron del Consorzio, condannato dalla Corte dei Conti a pagare 21 milioni, all’ex assessore Tenato Chisso, che per i magistrati contabili deve restituire 5,5 milioni. A secco i conti «congelati».
VENEZIA Il signore del Mose, il grande burattinaio che ha confessato tutto e non è stato processato per incapacità sopravvenuta, rischia di non pagare il conto della maxiinchiesta Mose inflittagli dalla Corte dei Conti: 21 milioni e 750mila euro. Una sanzione degna del rango di Giovanni Mazzacurati, il grande vecchio che per anni ha fatto andare avanti i finanziamenti e i pareri sulle dighe mobili oliando con centinaia di migliaia di euro politici, tecnici e pure magistrati. Non è stato condannato e neanche processato per problemi di salute. Il contrappasso terreno era sembrato quindi il verdetto della Corte dei Conti che lo aveva condannato a pagare quei 21 milioni. Niente da fare: nel suo conto della Bnl non è stato trovato niente e nella cassetta di sicurezza c’erano la bellezza di 1.116 su un conto Friuladria. Da agosto ogni mese gli vengono sequestrati circa 2.500 euro di pensioni e c’è un milione e 154 mila euro congelato dal Consorzio Venezia Nuova, l’ultima rata della sua maxi-liquidazione da 7 milioni che gli era stata concessa in occasione del suo addio nel giugno 2013, quando Piergiorgio Baita già parlava con gli inquirenti da qualche mese. Quello di Mazzacurati, che abita a La Jolla a San Diego, California, da quando ha dato l’addio a Venezia e al Consorzio, è forse l’esempio più eclatante di come sia impervio per gli inquirenti e per lo Stato recuperare le somme calcolate nel corso dei processi come provento degli illeciti. Quella del Mose è l’inchiesta che ha più sconvolto una classe politica e una città ma il conto della giustizia resta largamente in rosso. Giancarlo Galan ha patteggiato e dato allo Stato la lussuosa Villa Rodella che vale 2,6 milioni di euro. La magistratura contabile gli ha intimato di versare alla Regione 5,8 milioni di ero per danni di immagine e di servizio. Tutto quello che aveva era Villa Rodella e non resta che il vitalizio da ex governatore. Altro caso eclatante, quello dell’ex assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso: ha una macchina scassata, vive nella solita casa a Favaro, sul conto corrente ha pochi euro e il provento delle mazzette non è mai stato trovato. La Corte dei Conti lo ha condannato a pagare a Palazzo Balbi 5,5 milioni di euro. «Non ho un euro», ha allargato le braccia lui, che lavora per una cooperativa. Conti all’asciutto, una sola casa, niente beni da pignorare: il danno erariale e d’immagine resta figurativo.