Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Fiore di maggio il radic di mont seduce gli chef
Cresce a più di mille metri d’altezza in Carnia, si raccoglie solo per quindici giorni e viene preso d’assalto. La proposta? Un patentino per valligiani
Tutto ciò fa sì che da un chilo di raccolto non si ottengano più di due o tre vasetti sott’olio o in agro-dolce».
Proprio la scarsa resa e la difficoltà di coltivazione «dovuta – spiega ancora Marisa Viti – al fatto che non cresce a quote inferiori ai mille metri, necessita di un terreno acido ed è soggetto all’attacco dei topi che ne vanno ghiotti», unite alla grande richiesta, hanno fatto sì che, nonostante le limitazioni di legge, si sia diffusa una raccolta indiscriminata e una produzione che non rispetta il disciplinare Slow Food.
Da quando è stato riconosciuto presidio Slow Food, il gustoso ortaggio selvatico, si è via via conquistato un posto di prestigio nella gastronomia italiana. «È stato fondamentale – spiega Aurelia Bubisutti, una delle responsabili del presidio – riuscire a ottenere il riconoscimento perché ci ha permesso di farlo conoscere e aumentarne la tutela».
Nonostante la notorietà acquisita, la produzione di Radic di Mont è limitata: «Ci sono dieci associati – chiarisce Luigi Faleschini dell’omonima azienda agricola di Pontebba -, ma siamo solo in tre a trasformarlo e a metterlo in vasetti. In un anno la produzione complessiva si aggira sui 3/400 vasetti, che non riescono a soddisfare tutte le richieste in arrivo da buongustai e chef di tutta Italia».
L’aumento di raccoglitori inesperti, però, rischia di rovinare le piante e creare pericoli «perché – sostiene Marisa Viti - bisogna stare attenti a non confondere il Radic di Mont con piante simili, ma tossiche come l’Aconitum Napellus». In alcune zone, inoltre, si nota già un certo diradamento delle piante. «Per questo – conclude Faleschini auspichiamo che sia prevista un’autorizzazione speciale a valligiani che abbiano superato un breve corso che insegni loro come rispettare e prelevare le piante in modo da garantirne la riproduzione l’anno successivo. Questo “patentino”, dovrebbe consentire ai possessori, di raccogliere quantitativi un po’ superiori a quelli fissati dalla legge, in modo da generare un maggiore, seppur piccolo, indotto economico per la montagna derivante sia dalla trasformazione e vendita, sia da un possibile sviluppo turistico creato da corsi per turisti e dalla possibilità di assaggiare il Radic di Mont in loco».
La tutela
Da quando è diventato presidio è stato conosciuto molto di più e questo ha aumentato la sua tutela, mettendo dei freni alla raccolta