Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Le coop: misura inutile I poliziotti: e noi niente?
PADOVA «Credo sia difficile chiedere a particolari categorie cose diverse da quelle che si chiedono a tutti gli altri. Se si riuscirà ad ottenere certificazioni di buona salute per gli italiani, lo si farà anche per i richiedenti asilo». Prima di tutto il principio: Roberto Tuninetti, dirigente di cooperative sociali ed esperto di migrazioni, ragiona sullo «scudo sanitario» sollevato dalla presidente della Corte d’Appello di Venezia, Manuela Farini. Nel merito, parla di «assurdo, per quanto la Costituzione sia - a suo parere - chiara» sul punto. L’esperienza di Tuninetti a contatto coi migranti, però, può servire ad altro. Prima questione: il giudice Farini chiede protezione (meglio, dà a sé e al proprio tribunale) da un pericolo reale? E quanto insidioso? «Sono trent’anni che l’informazione sanitaria ci dice che i migranti arrivano sani, e la Tbc la contraggono nei luoghi malsani in cui cadono» una volta finiti ai margini del viver civile. Così la pensa il manager padovano di coop, che aggiunge: «Tutti i migranti sono sottoposti a visita di controllo all’arrivo in Italia da parte dell’autorità pubblica. Nei periodi di caos (arrivi massicci, ndr) li si visita nei presidi degli hub di accoglienza per capire come stanno, visto che sono destinati a strutture d’ospitalità collettive». Secondo aspetto: chi, prima dei giudici, arriva a contatto coi venuti da altri Paesi teme per la salute? Tuninetti, chiaramente, risponde per gli operatori di cooperativa d’accoglienza: «No, il timore se lo possono far venire solo i giudici del tribunale. Le uniche vere problematiche sono quelle che rileviamo per le donne, spesso violentate durante il viaggio verso l’Italia. Molte vengono massacrate e hanno bisogno di supporto psicologico».
Lettura opposta, in primis del filtro sanitario all’ingresso, da parte di Arcangelo Durante, segretario regionale del sindacato di polizia Coisp: «I magistrati si svegliano perché, tutto d’un tratto, hanno paura di contrarre qualche malattia? E prima? Quando questi (mi- granti e profughi, ndr) arrivano, dovrebbero essere visitati. In realtà gli fanno quattro domande: come stai? Hai la febbre? Hai nausea? Questi vogliono solo entrare e secondo lei cosa rispondono? Che stanno bene. Noi forze di polizia abbiamo avuto casi di scabbia e Tbc, perché siamo in prima linea, ma attenzione: in seconda linea ci sono tutti i cittadini. Qui si creano cittadini di super serie A (i giudici, ndr) e di serie B».
Dal Coisp al Siulp, altro sindacato di polizia, segretario regionale Silvano Filippi: «Mi pare un caso di eugenetica giudiziaria poco corrispondente all’ordine delle cose. Prima di arrivare in Appello queste persone si presentano alle commissioni territoriali, stanze di solito più piccole delle aule di giustizia. Ci sono passaggi in questura, in prefettura...». Niente certificati per contatti antecedenti e, se valesse la logica della pericolosità, con meno filtri medici? Questo il controsenso evidenziato da Filippi, che però aggiunge: «Il migrante che fa appello come richiedente asilo è gestito nel perimetro delle coop. E’ un ambiente protetto. Se, invece, arresto un profugo per spaccio ai bastioni di Verona, allora il protocollo non mi riguarda?». Controsenso in cui non cadono gli infermieri: «L’unica cosa che può contagiare un giudice è qualcosa che si trasmette per via aerea (la Tbc, ndr) ma ha la stessa probabilità di contrarla da un avvocato o un funzionario», dice Andrea Bottega, vicentino, segretario nazionale del Nursind, sindacato infermieristico. Infermieri che «curano tutti, non si tirano indietro con nessuno e, con le dovute attenzioni, si sentono di operare sicuri con tutti».
Le coop I migranti sono in salute. Un distinguo senza fondamento