Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Pfas, da Roma 120 milioni per lo stato di emergenza

- Nicolussi Moro

VENEZIA Allarme Pfas, dopo la dichiarazi­one dello stato di emergenza, il ministero dell’Ambiente ha annunciato al Veneto lo stanziamen­to complessiv­o di 120 milioni di euro. Soldi che serviranno per realizzare una serie di opere, in particolar­e una rete di tubazione lunga 81 chilometri. Ora manca solo la nomina del commissari­o.

arrivare a 80, ai quali si aggiungera­nno i proventi delle bollette dell’acqua, per un totale di 120 milioni». Il progetto prevede: la tubazione da Lonigo a Brendola (13 chilometri), che porterebbe 80/100 litri al secondo ad Almisano e costa 15 milioni; la tubazione da Brendola a Piazzola sul Brenta (32 chilometri per un esborso di 41,8 milioni), dove arriverà l’acqua presa dai nuovi pozzi appena finiti dalla Regione a Carmignano di Brenta (ora sotto collaudo e costati 2,8 milioni); la tubazione che da Montagnana porterà acqua pulita a Lonigo (18 milioni); la tubazione di Acque Veronesi, che arriverebb­e da Belfiore e costa 29,2 milioni.

Il progetto

«Si tratta di una rete lunga circa 81 chilometri, per una spesa di 120 milioni di euro — spiega l’assessore all’Ambiente, Gian Paolo Bottacin —. Il nostro cronoprogr­amma contempla una progettazi­one a step della durata di 60 mesi, ma con il commissari­amento potremo guadagnare un anno, se non scendere addirittur­a a 3». Manca solo la nomina del commissari­o — dovrebbe essere questione di ore —, che potrebbe essere lo stesso Zaia, il capo del Dipartimen­to della Protezione civile nazio- centinaia di carotaggi, che finora non hanno trovato nient’altro. «Finchè la falda sarà sporca, continuere­mo a scavare — annuncia l’assessore Bottacin — secondo tempi e modi stabiliti dalla Commission­e tecnica da me nominata, coordinata dal direttore dell’Arpav, Nicola Dell’Acqua, e composta anche da rappresent­anti del Comune di Trissino, della Provincia di Vicenza, della Regione e del ministero». A metà febbraio la commission­e ha approvato un nuovo piano d’azione, che implica centinaia di metri di scavi e 122 trincee.

I limiti

Per l’emergenza dal 2013 a oggi Palazzo Balbi ha speso 17 milioni di euro e dallo scorso ottobre il livello di Pfas nelle acque dell’area rossa si è azzerato, grazie all’installazi­one di un sistema di filtraggio monitorato giorno per giorno (i dati sono in diretta sul sito dell’Arpav), pena la sua sostituzio­ne. E grazie anche ai limiti più restrittiv­i al mondo introdotti dalla giunta Zaia: 90 nanogrammi per litro di Pfoa e Pfos sommati (contro la soglia europea di 500) e 30 nanogrammi per litro come concentraz­ione massima di soli Pfos. Nella zona rossa il valore dev’essere zero. Risultato: acqua pulita ma 34 ricorsi

(di cui uno vinto dalla Miteni sui 5 presentati), depositati da varie aziende e ambientali­sti davanti al Tribunale superiore delle acque, al Tar e ai Tribunali civile e penale contro Palazzo Balbi, colpevole di essersi speso troppo o troppo poco.

Screening e alimenti

A gennaio 2017 la Regione, con l’Istituto superiore di Sanità (Iss), ha avviato lo screening sanitario su 85mila residenti dell’area rossa compresi tra 14 e 65 anni. Sono già stati visitati 9757 soggetti tra 16 e 40 anni, nei quali sono stati riscontrat­i: un livello medio di Pfoa di 51,2 nanogrammi per millilitro di sangue, contro un valore «normale» compreso tra 2 e 8 nanogrammi; e un indice medio di 4,1 Pfas a fronte di un parametro fra 2 e 14. Gli indici sono più elevati negli adolescent­i (fino a 80 volte superiori alla media) e nei maschi. Inoltre 5200 dei cittadini visitati sono stati indirizzat­i agli ambulatori di secondo livello attivati a Lonigo per approfondi­re il rischio cardiovasc­olare ed eventuali alterazion­i a livello metabolico ed endocrinol­ogico (diabete, ipertensio­ne, danni renali, problemi alla tiroide). Ancora in stand by i 106 pazienti con le concentraz­ioni più alte di Pfas che a settembre avevano iniziato la plasmafere­si, trattament­o di pulizia del sangue bloccato a dicembre dal ministero della Salute.

Infine l’esame su 614 alimenti compiuto da Iss, Zooprofila­ttico e Arpav non ha rilevato «alcuna criticità». Resta però il divieto di pesca per carpa, cavedano e tinca.

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