Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Zitta cicciona, ti pesto» Tre anni di violenze, marito finisce a processo
Tre anni d’inferno per una donna straniera e le due figlie
CORNUDA (TREVISO) «Stai zitta, cicciona». E giù botte e sputi. La moglie, straniera, ha sopportato violenze e umiliazioni per ben tre anni, poi ha deciso di reagire, anche per salvare le due figlie minorenni. Così, a processo, è finito il marito violento, che le «vessava» e umiliava da tempo.
CORNUDA «Stai zitta cicciona» e ancora «Sei uno schifo di persona». Frasi umilianti accompagnate da calci e pugni e perfino da sputi in faccia. Questo il comportamento che un 42enne italiano avrebbe riservato, per oltre tre anni, alla compagna di origine straniera e alle sue figlie minori.
Fino a quando la donna, dopo averlo denunciato più volte, ha trovato il coraggio di lasciarlo. Per questo, per il 42enne, difeso dall’avvocato Katia Falcomer, ieri è iniziato in tribunale a Treviso il processo con le accuse di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate dal vincolo di parentela. Una storia che risale al periodo tra il 2012 e il 2015, quando i due erano una coppia e vivevano tra il Bellunese e Cornuda. Si erano conosciuti già adulti, lei reduce da un altro matrimonio e con due figlie piccole.
E si erano innamorati, decidendo di andare a vivere insieme. Tutto era andato bene per un po’, fino a quando il clima tra i due conviventi è cambiato. L’uomo avrebbe iniziato ad assumere con lei e le bambine, all’epoca di 12 e 6 anni, un comportamento violento e umiliante.
Secondo quanto gli viene contestato, sfogava la sua rabbia contro la compagna con il minimo pretesto. A ogni lite erano schiaffi, calci e spinte violente, e insulti sempre più pesanti accompagnati dal lancio di piatti e suppellettili. «Stai zitta cicciona, schifo di persona» le urlava al culmine dei diverbi. Arrivando anche al gesto più umiliante, lo sputo in faccia per dimostrarle tutto il suo disprezzo. Costringendo così la famiglia a vivere in un «regime di vita penoso e intollerabile» come recita il capo d’imputazione. Per questo lei più volte aveva chiesto aiuto alle forze dell’ordine, denunciando il compagno violento.
Ma le denunce, invece che placarlo avevano scatenato ancora di più la sua ira ed era diventato anche minaccioso: «Te la faccio pagare se non ritiri le querele» le avrebbe intimato picchiandola. Botte che, il 12 gennaio del 2015 sono diventate ancora più violente. Scoppiata l’ennesima lite, l’uomo secondo l’accusa, l’avrebbe colpita a calci e pugni e le avrebbe scagliato addosso piatti e sedie di casa. Ferendola in modo tale da costringerla a ricorrere alle cure del pronto soccorso, dove le era stato diagnosticato un trauma cranico e un trauma distorsivo cervicale. Proprio quel pestaggio, però, ha convinto la donna che era tempo di dire basta e di lasciarlo presentando l’ultima denuncia. Ieri l’inizio del processo.