Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Crac Acc, la Procura generale: indagare ancora
Colpo di scena all’udienza preliminare a Pordenone. Il Pm Tito voleva archiviare
MEL Rinviata al 6 giugno la decisione del Gip sul procedimento penale per bancarotta e falso in bilancio agli ex amministratori di «Acc». È una proroga che fa ben sperare, vista dalla prospettiva di lavoratori, sindacati, sindaci e altri rappresentanti del territorio, ieri riuniti davanti al Tribunale di Pordenone. Una cinquantina di persone. Tra queste, il presidente di Palazzo Piloni, Roberto Padrin e il consigliere Franco Gidoni in rappresentanza della Regione.
Ha affermato Luca Zuccolotto (Fiom-Cgil): «La vicenda dell’Acc è una ferita che ha colpito con durezza tutto il Bellunese. Reclamiamo il diritto di conoscere la verità». Una posizione comune alle istituzioni territoriali. «Massima fiducia nella giustizia» ha affermato l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan. Che ha anche espresso un ringraziamento. Verso «la Procura Generale della Corte d’Appello di Trieste, intervenuta nel procedimento con un atto significativo».
Perché forse i magistrati giuliani hanno cambiato le carte in tavola a Pordenone. Ma per capire, un passo indietro. Il commissario straordinario di «Acc», Maurizio Castro, aveva presentato, il 23 dicembre 2014 a Pordenone, una querela con la quale chiedeva alla magistratura di vagliare asserite condotte di «mismanagement» (bancarotta e falso in bilancio) relative a un periodo precedente, quando «Acc» era in mano a un pool di fondi di «private equity» ed era gestita dall’ad Luca Amedeo Ramella con altri manager. Il pubblico ministero Raffaele Tito, però, il 15 gennaio di quest’anno ha chiesto l’archiviazione delle indagini. Castro ha presentato opposizione. Secondo Tito «la perquisizione eseguita dalla Finanza non ha portato elementi utili alle tesi di accusa».
Inoltre, per Tito, «Alix partners» (società di consulenza di cui Ramella era amministratore) elaborò due piani di risanamento. E poi, sempre per il Pm, quanto al conflitto di interessi di Ramella, che aveva un doppio incarico in «Acc» e nella holding «Hch», «era voluto dagli azionisti». Quanto a una super-valutazione da 27 milioni di euro, «era per un aumento di capitale mai eseguito».
La Corte di Trieste, invece, che ha funzioni di sorveglianza in caso di opposizione all’archiviazione, ha depositato una nota che dice no allo stop. Secondo questa Corte alcune circostanze appaiono meritevoli di approfondimento processuale. Per esempio la questione del valore del marchio «Acc»: secondo una perizia la supervalutazione a 27 milioni consentì l’azzeramento del credito da «cash pooling» (accentramento di risorse finanziarie di un gruppo in un’unica società) pari a 18 milioni e vantato da «Acc» nei confronti di «Hch». Poi il valore del marchio fu annientato. E di fronte a un conferimento pari a zero, sempre secondo la perizia, «Acc» ha dovuto accollarsi i debiti della capogruppo verso terzi e verso «Acc Austria».
Per la Procura generale di Trieste, un’integrazione della consulenza tecnica offrirebbe uno strumento valutativo attendibile. Insomma, per Trieste sarebbe opportuno andare avanti. Con questo nuovo documento sul tavolo, il Gip di Pordenone Monica Biasutti si è presa tre settimane per decidere.