Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’uomo crocefisso e il mistero del foro nel piede

Lo scheletro rinvenuto nel Rodigino appartenen­te a un uomo ucciso in epoca romana. I dettagli di una scoperta che ha fatto il giro del mondo

- Coltro

Èun foro romano, ma nel calcagno. Un vuoto pieno di significat­o: appena 9 millimetri di diametro, per ventiquatt­ro millimetri di profondità, un buco che attraversa l’osso da parte a parte. Non l’hanno prodotto gli insetti, è il risultato di un’azione violenta: lì è stato piantato un chiodo. Passava il tallone, poi un altro, finiva nel legno di una croce. Quel buco ci dice che questo scheletro è quello di un uomo crocifisso. È il secondo al mondo, dopo quello trovato in Israele nel 1968, altri non ce ne sono, perché il Crocifisso più famoso, Gesù, come dice la tradizione, il corpo non ce l’ha lasciato. È una scoperta lenta, puntiglios­a e giudiziosa quella fatta su un tavolo del Dipartimen­to di Scienze Biomediche dell’Università di Ferrara da tre professore­sse che maneggiano ossa da una vita. Ci hanno messo anni, per crederci loro stesse.

Le casse con vari reperti erano arrivate all’Università nel 2006-2007, frutto degli scavi di pre-archeologi­a fatti per il metanodott­o tra Cavarz e ree M in erbio .« Quello scheletro non aveva un particolar­e fascino», sorride adesso Emanuela Gualdi, la biologa che ci ha messo sopra gli occhi per prima. Erano passati gli anni, la routine di esaminare i resti scavati cassa dopo cassa, niente di eclatante da quella zona di campagna, La Larda a Gavello, che adesso è piatta, bassa.

Erano in tre con il camice, a guardare quelle ossa malconce, il cranio spezzato dalla benna di scavo, solo 18 denti, frammenti di mani e piedi, ossa lunghe corrose. E poi il calcagno con quel buco così regolare, così strano, atipico tra resti che non presentano nessun’altra lesione. La curiosità diventa sospetto, intuizione e giù giù anni di verifiche: non funzionano due tentativi di datazione con il carbonio 14, a Oxford e in Italia. Si sa da pochi altri elementi (frammenti di mattoni e tegole) che l’ età è quella romana: ma quando? La crocefissi­one è documentat­a dal 200 avanti Cristo fino agli inizi del IV secolo, quando l’imperatore Costantino la vietò come pena, per adoperare la croce con il suo «in hoc signo vinces».

Si risale all’età dell’ uomovittim­a: tra i 30 e i 34 anni, alto poco meno di 1.60, maschio. Meglio saperlo, perché anche le femmine venivano crocifisse. Sepolto probabilme­nte nudo, a parecchi metri di profondità. Lo dicono le stratigraf­ie, che ipotizzano in quel luogo un rialzo, un dosso. Se crocifissi­one c’era stata, doveva essere ben visibile, un monito terribile, la morte atroce «per stillicidi­a emittere animam». Certo non un civis romanus, ai quali questo tipo di pena era risparmiat­a: quindi uno schiavo o uno straniero.

Studi approfondi­ti e incro- ciati, analisi di tutto, perfino la comparazio­ne con gli altri buchi più piccoli quelli sì opera di insetti, come consente la tafonomia. E poi Emanuela Gualdi, Ursula Thun Hohenstein, Nicoletta Onisto (e a Firenze la ricercatri­ce Elena Pilli con il professor David Caramelli, unico maschio del team), si sono definitiva­mente convinte: questo poveretto è stato inchiodato ad una croce.

«Prove indiziarie», dicono con prudenza; ma prove. Con un brivido di umanità, dopo duemila anni, per quello che era stato un uomo ucciso in modo violento. C’è anche questo, quando vi spiegano come «l’ingresso del foro era slabbrato, per un cedimento dell’osso dovuto alla violenza del colpo di martello». Fatto sta che Archaeolog­ical and An- thropologi­cal Science, blasonata rivista della Spring er pubblica l’articolo sulla scoperta, rigorosame­nte asettico co mesi conviene a delle scienziate.

Il crocefisso fa notizia, il mondo scopre non un calcagno bucato ma un dramma di cui non esistono praticamen­te altre testimonia­nze. Una risonanza mondiale. E mentre il brivido si trasmette dalle tre prof da un continente all’altro, quelle ossa prima solo povere e adesso preziose restano in una cassettina all’Università. Soprintend­enze, amministra­zioni, tutto tace. Resta il lavoro certosino di cinque studiosi, benemeriti per aver sconfitto la routine. D’accordo, è un foro in un calcagno, ma che storia.

Le prove I cinque studiosi hanno pubblicato lo studio Le incertezze sul futuro

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 ??  ?? A sinistra, «Crocifissi­one bianca» di Marc Chagall (1938) Sopra, lo scheletro ritrovato in provincia di Rovigo
A sinistra, «Crocifissi­one bianca» di Marc Chagall (1938) Sopra, lo scheletro ritrovato in provincia di Rovigo

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