Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Acqua e tariffe Braccio di ferro con i Comuni
Piscine e palazzetti per il ghiaccio rompono l’accordo tra i sindaci: salta, per ora, l’approvazione delle nuove tariffe dell’acqua. Sembrava davvero solo una formalità l’assemblea del Consiglio di bacino «Dolomiti Bellunesi», che avrebbe dovuto approvare le modifiche alla composizione della tariffa per il servizio idrico, secondo le indicazioni di Arera, la neonata autorità nazionale di regolazione. Una rimodulazione basata sulla nuova classificazione delle utenze, e che se dovesse passare comporterebbe alcuni vantaggi ai cittadini: non più un’unica tariffa agevolata basata sul consumo di 100 metri cubi d’acqua all’anno, ma una nuova articolazione su 5 livelli con quantità di acqua crescente a seconda della composizione del nucleo familiare. Risultato: per le famiglie bellunesi un risparmio stimato attorno ai 98 mila euro all’anno. Stessi vantaggi anche per le attività artigianali e commerciali, che risparmierebbero 96 mila euro. Invece, tutto rinviato a metà luglio, con buona pace del termine del 30 giugno fissato per l’approvazione. Il casus belli? I poco più di 2000 mila euro all’anno che, secondo le nuove tariffe, dovrebbero da qui in avanti pagare i Comuni proprietari di piscine e palazzetti del ghiaccio. Un esborso da 10 centesimi di euro al metro cubo per consumi fino a 10 mila metri cubi. Il fatto è che, al momento, tutte le utenze pubbliche pagano solo la quota fissa di 43 euro all’anno. Poco o nulla, una cifra che secondo le nuove regole andrebbe rivista al rialzo adottando criteri di equità e che comporterebbe una spesa tutto sommato sostenibile per i Comuni. Ma tant’è bastato a fare saltare tutto. L’astensione dal voto di Ennio Vigne e Siro De Biasio, sindaci di Santa Giustina e Alleghe, e l’abbandono a metà seduta del primo cittadino di Feltre Paolo Perenzin hanno fatto mancare il numero legale di un’assemblea che vedeva comunque già in partenza numeri risicati: su 60 sindaci del Consiglio di bacino, in sala affreschi di Palazzo Piloni ce n’erano poco più di un terzo. (m.g.)