Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
In piazza il funerale del risparmio: «Ci ridiano tutto»
Il risparmio è stato ucciso, la Costituzione calpestata. Un anno dopo, un funerale in piazza di fronte la soglia della storica sede di Veneto Banca, in piazza a Montebelluna. Che però non è il funerale anche della speranza perché, sostiene don Enrico Torta, dopo mesi di rabbia il nuovo governo un po’ ha riacceso la fiducia nei risparmiatori.
Sono tesi incrociate e forse non del tutto coerenti quelle condensatesi ieri, a Montebelluna, dove circa 200 soci azzerati dal collasso delle ex banche popolari venete, Veneto Banca, appunto, e Popolare di Vicenza, hanno preso parte a una specie di commemorazione. Al centro una bara nera con il cadavere ideale dell’articolo 47 della Costituzione. Quello che afferma il dovere della Repubblica di «incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme» e che, invece, il governo della stessa Repubblica, permettendo la liquidazione delle banche e la «svendita» a Intesa, avrebbe calpestato senza riguardi per chi, fidandosi, aveva affidato agli istituti stessi tutte o in parte le proprie sostanze liquide. La data scelta è chiaramente non casuale. Il 25 giugno 2017, con un decreto approvato in piena domenica, l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni pose in liquidazione le ex popolari aprendo la strada alla loro cessione, per la cifra simbolica di un euro, al gruppo Intesa Sanpaolo. Operazione necessaria per consentire, già l’indomani, la continuazione senza interruzioni della normale attività bancaria in ogni filiale, benché tutte già appartenenti ad un’altra società, e la conservazione di ogni singolo posto di lavoro.
La parte problematica di Veneto Banca e Bpvi passò alle liquidazioni e poi alla Sga, la società impegnata ora a far rientrare il più possibile i crediti deteriorati. I risparmiatori che, anche attraverso l’intervento di associazioni di consumatori, stavano cercando in un modo o nell’altro, comprese le vie giudiziarie, di recuperare i risparmi volatilizzati con lo sgonfiamento delle azioni si trovarono dal venerdì al lunedì senza più l’avversario. «La politica ha creato il problema – semplifica Loris Mazzorato, uno dei trascinatori delle associazioni di don Torta, sacerdote veneziano promotore del loro coordinamento – e la politica adesso lo deve risolvere. Non ci interessa il fondo organizzato dal governo precedente, non è il ristoro che cerchiamo. Siamo stati rapinati e vogliamo essere risarciti per intero». Da dove il denaro debba essere ricavato non ha importanza. La soluzione la trovino a Roma, adesso che c’è un primo ministro al quale è stato affidato anche il mandato di dare soddisfazione ai risparmiatori traditi. «Li prenda da Intesa o dai conti dormienti del sistema bancario. Questo non ci importa. I soldi fisicamente non spariscono – conclude Mazzorato – passano solo da una tasca all’altra». Ma dopo un anno di rabbia, è ciò che percepisce don Torta, si inizia un po’ a sperare: «Ci sono stati momenti di vera depressione, ma adesso noto una nuova attenzione per ciò che il nuovo governo si è impegnato a fare. La gente ha ripreso un po’ di fiducia. Lo sento nelle molte telefonate che ricevo e sento davvero la percezione che qualche porta stia finalmente per aprirsi».
Don Torta Ma il nuovo governo ha riacceso la speranza: la porta si sta per aprire