Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

JOHN CALE IL SUONO DEI VELVET

Al Parco della Musica di Padova venerdì della storica band con Lou Reed «La canzone alla quale sono più legato è “Venus in furs”. Sono rimasto in contatto con Lou fino alla sua morte. Warhol? La Factory non si fermava mai»

- F.Ver.

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Museo della Battaglia Piazza Giovanni Paolo I

Alle 20.30

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Il suono della sua viola elettrica ha cambiato la storia del rock. Venerdì, 50 anni dopo «The Velvet Undergroun­d & Nico», John Cale, fondatore della gruppo seminale, sarà assieme alla sua band al Parco della Musica di Padova per raccontare la propria carriera infinita (21.30, info www.venetojazz.com).

Che concerto dobbiamo aspettarci?

«Un set eclettico di nuovi arrangiame­nti di vecchio materiale, qualcosa di totalmente nuovo, forse qualcosa dei Velvet Undergroun­d, forse no. Voglio solo qualcosa che permetta all’immaginazi­one di concentrar­si».

«The Velvet Undergroun­d & Nico» è probabilme­nte uno dei dischi più rivoluzion­ari della musica contempora­nea. Nella lavorazion­e eravate consapevol­i di quello che sarebbe diventato?

«Assolutame­nte sì. Appena abbiamo finito Venus in furs e

Black angel’s death song, è diventata chiara la visione di quello che volevamo raggiunger­e. Non gli obiettivi classici, ma qualcosa di più intenso e onesto. Non la fama tipica del lusso, ma qualcosa di più significat­ivo».

A quale canzone di «The Velvet Undergroun­d & Nico» è più legato e perché?

«Venus in furs perché nel provino di Lou (Reed, Ndr) era solo una canzone folk con un testo interessan­te. Dopo il mio arrangiame­nto con il bordone e il suono della viola, l’intera band l’ha portato ad un sound nuovo e originale».

Come mai ha lasciato i Velvet Undergroun­d?

«Due di noi hanno dato vita alla band con l’idea fortissima di creare qualcosa di completame­nte diverso da quello che esisteva in quel tempo. Quando due forti personalit­à non hanno più lo stesso obiettivo, John Cale, uno dei fondatori dei Velvet Undergroun­d è il momento di un’altra strada».

Quanto è stato importante Andy Warhol?

«Andy era critico sul nostro modo di lavorare. Ha avuto il ruolo di renderci attivi e spingerci a lavorare duramente, rimanendo sempre in movimento. The Factory era sempre in fermento, non si doveva fermare mai per nessun motivo al mondo».

Ha rimpianti?

«Nessuno».

Ha avuto modo di salutare Lou Reed prima della sua morte?

«Sì, siamo rimasti in

La viola elettrica che ha reso iconica, è lo strumento che ama suonare di più?

«Alle volte è il mio strumento preferito. Alle volte le tastiere. Principalm­ente amo suonare strumenti che mi permettano di dare ritmo e fare “rumore”. Qualsiasi cosa lo faccia mentre sto creando, diventa il mio strumento preferito!». prendere contatto».

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