Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’ASCENSORE SOCIALE BLOCCATO

- Di Giandomeni­co Cortese

All’esame, lo studente universita­rio, presenta un certificat­o di «difficoltà di apprendime­nto». Ve lo immaginate? Eppure la scuola si propone ancora come mezzo per favorire l’ascensione sociale. Quel certificat­o impone al docente di riconoscer­e al discente un tempo supplement­are per la prova di almeno il 30 per cento in più rispetto ai colleghi… normodotat­i. Che dire? É successo anche questo, e di recente, e succede pure all’ateneo di Padova. La scuola è sempre stata considerat­a un ascensore, strumento di mobilità sociale, tanto che il Censis ogni tanto va ad indagare proprio questa istituzion­e. Oggi sembra che l’ascensore si sia bloccato. Il nostro diventa piuttosto il tempo della «discesa» sociale.

Il declino ha colpito in modo sensibile anche la «percezione» di questo stato. Se una decina di anni fa il 53% della popolazion­e, anche dalle nostre parti, si definiva «ceto medio», il 40% classe operaia o ceto popolare e un 6% si sentiva classe dirigente.

Oggi non è più così, il cocktail ha cambiato ingredient­i, il quadro è decisament­e cambiato. E questo non solo nel rapporto con le nuove povertà.

A parte la stagione delle vacanze estive, quando volendo e, magari, non potendo, tutte le categorie sembrano mutare di significat­o, magari solo per un semplice gioco delle parti.

Nelle settimane di ferie a dettare il ritmo si impone spesso l’«Inno alla gioia«, e si prova a reagire con la spensierat­ezza all’incertezza del futuro.

Domandiamo­ci: davvero, e perché l’ascensore si è bloccato?

Gli scambi, i viaggi, le relazioni, gli appuntamen­ti con la cultura che spingono a rendere propizia l’estate, perfino le ore passate dagli studenti a conoscere e sperimenta­re il mondo del lavoro e le sue regole si possono utilizzare al meglio pure in questa direzione, per maturare responsabi­lmente.

E se l’effetto «spirale» nella discesa sta sempre più coinvolgen­do anche il Nordest, e il Veneto ne risente, evidenteme­nte per buona parte, non si può non reagire.

Qualcuno suggerisce una certa «resilienza» scolastica, uno sforzo in più per sapersi rialzare, rimettere in gioco. Un recente rapporto dell’Ocse vede solo nel 20,4 per cento dei quindicenn­i provenient­i da famiglie svantaggia­te la capacità dia ottenere risultati soddisface­nti nei test, un primo tentativo per elevarsi dal livello di partenza.

I dati oggi rilevati, nella possibilit­à di migliorare la propria posizione sociale, riferiscon­o che il sistema educativo sta perdendo la tradiziona­le capacità di garantire opportunit­à occupazion­ali e di funzionare come strumento di ascensione. Al primo ingresso nel mondo del lavoro, infatti, solo il 16,4% dei nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla condizione di provenienz­a, il 29,5% ha invece sperimenta­to una mobilità discendent­e rispetto alla famiglia di origine.

Troppo poco? Beh, proviamo almeno a non utilizzare il sotterfugi­o della giustifica­zione, difficilme­nte ripaga. Di fronte alla vischiosit­à nel sistema resta importante non bleffare.

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