Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’ASCENSORE SOCIALE BLOCCATO
All’esame, lo studente universitario, presenta un certificato di «difficoltà di apprendimento». Ve lo immaginate? Eppure la scuola si propone ancora come mezzo per favorire l’ascensione sociale. Quel certificato impone al docente di riconoscere al discente un tempo supplementare per la prova di almeno il 30 per cento in più rispetto ai colleghi… normodotati. Che dire? É successo anche questo, e di recente, e succede pure all’ateneo di Padova. La scuola è sempre stata considerata un ascensore, strumento di mobilità sociale, tanto che il Censis ogni tanto va ad indagare proprio questa istituzione. Oggi sembra che l’ascensore si sia bloccato. Il nostro diventa piuttosto il tempo della «discesa» sociale.
Il declino ha colpito in modo sensibile anche la «percezione» di questo stato. Se una decina di anni fa il 53% della popolazione, anche dalle nostre parti, si definiva «ceto medio», il 40% classe operaia o ceto popolare e un 6% si sentiva classe dirigente.
Oggi non è più così, il cocktail ha cambiato ingredienti, il quadro è decisamente cambiato. E questo non solo nel rapporto con le nuove povertà.
A parte la stagione delle vacanze estive, quando volendo e, magari, non potendo, tutte le categorie sembrano mutare di significato, magari solo per un semplice gioco delle parti.
Nelle settimane di ferie a dettare il ritmo si impone spesso l’«Inno alla gioia«, e si prova a reagire con la spensieratezza all’incertezza del futuro.
Domandiamoci: davvero, e perché l’ascensore si è bloccato?
Gli scambi, i viaggi, le relazioni, gli appuntamenti con la cultura che spingono a rendere propizia l’estate, perfino le ore passate dagli studenti a conoscere e sperimentare il mondo del lavoro e le sue regole si possono utilizzare al meglio pure in questa direzione, per maturare responsabilmente.
E se l’effetto «spirale» nella discesa sta sempre più coinvolgendo anche il Nordest, e il Veneto ne risente, evidentemente per buona parte, non si può non reagire.
Qualcuno suggerisce una certa «resilienza» scolastica, uno sforzo in più per sapersi rialzare, rimettere in gioco. Un recente rapporto dell’Ocse vede solo nel 20,4 per cento dei quindicenni provenienti da famiglie svantaggiate la capacità dia ottenere risultati soddisfacenti nei test, un primo tentativo per elevarsi dal livello di partenza.
I dati oggi rilevati, nella possibilità di migliorare la propria posizione sociale, riferiscono che il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali e di funzionare come strumento di ascensione. Al primo ingresso nel mondo del lavoro, infatti, solo il 16,4% dei nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla condizione di provenienza, il 29,5% ha invece sperimentato una mobilità discendente rispetto alla famiglia di origine.
Troppo poco? Beh, proviamo almeno a non utilizzare il sotterfugio della giustificazione, difficilmente ripaga. Di fronte alla vischiosità nel sistema resta importante non bleffare.