Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I giornali svedesi e canadesi «Qui la gente vuol sapere chi metterà davvero i soldi»
CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) Ce la giocheremo «ad armi pari». Non significa, com’è ovvio, che possiamo metterci comodamente a sedere nell’attesa della buona novella. Ma vuol dire che sulle Montagne Rocciose e sui Monti Scandinavi la tradizionale efficienza organizzativa è messa in crisi dall’incertezza finanziaria o politica, e dalla fredda risposta della popolazione. Per un insieme di contingenze, la coppia Cortina-Milano non è destinata ad affrontare comunità motivate e compatte. Si fanno i conti della serva, e ci si chiede se tutto sommato metter su un circo bianco allargato a varie discipline - gli ingredienti delle Olimpiadi Invernali del 2026 - convenga veramente. Comunque sia, a chi si fosse perso le ultime puntate, va ricordato che l’insolito ticket lombardo-veneto se la vedrà con l’ancora più insolito abbinamento svedese Stoccolma-Åre e con Calgary, la città più grande della provincia canadese dell’Alberta (di cui però non è il capoluogo, che è Edmonton). Il fatto è che Erzurum (Turchia), Sapporo (Giappone), Graz (Austria) e Sion (Svizzera) hanno gettato la spugna.
L’11 gennaio del prossimo anno, i dossier delle località in competizione dovranno essere pronti per essere inoltrati a Losanna, in Svizzera, con i piani di sviluppo e le garanzie finanziarie. C’è davvero poco tempo, anche considerato il clima di incertezza. Secondo Erik Karlsson, dello storico (fondato nel 1830) e popolare quotidiano svedese Aftonbladet «l’anno scorso il partito socialdemocratico aveva affermato che Stoccolma non avrebbe corso per le olimpiadi invernali; poi ci sono state le elezioni, che hanno determinato una situazione di impasse, con margini strettissimi tra centrodestra e centrosinistra. Per far avanzare la candidatura, c’è bisogno del supporto sia del governo nazionale che di quello locale; ma attualmente c’è una grande confusione e non si sa chi governerà, né se chi lo farà sosterrà (anche economicamente) l’avventura delle olimpiadi invernali». Desta qualche perplessità l’accoppiata della capitale con Åre. «In effetti sono un po’ distanti – continua Karlsson -: circa 600 km, per sette o otto ore di macchina. Questo potrebbe creare qualche problema alle media company». Il punto forte della candidatura restano «l’organizzazione e le buone infrastrutture a Stoccolma, come l’arena». Quanto al consenso popolare, «è difficile convincere la gente quando non è chiaro chi metta i soldi sul piatto: la questione dei costi è centrale. Solo se la situazione si sbloccasse, potremmo capire quanti sono a favore».
Per Meghan Potkins, dell’importante quotidiano canadese Calgary Herald, «le olimpiadi sarebbero un’occasione per rinnovare l’immagine della città, per una nuova visibilità mondiale, e anche per ridefinire l’identità e la dimensione di Calgary, da sempre strettamente legate all’industria petrolifera». Per anni, Calgary è stata la città più ricca del Canada. Una specie di Kuwait sotto la neve. Sceicchi con le ciaspe. «Altri tempi – continua la Potkins -: qui la crisi ha colpito molto duramente: con il crollo del prezzo del greggio, molta gente si è trovata per strada. Ora siamo al secondo posto nella classifica nazionale dei disoccupati». Il consiglio comunale di Calgary, peraltro, ha in più sedute approvato finanziamenti per sostenere la candidatura: cinque milioni di dollari canadesi nel settembre 2015 e due nel novembre 2017. Secondo il progetto presentato l’11 settembre la spesa di tre miliardi dovrebbe essere spartita tra governo federale, provincia dell’Alberta e città di Calgary. Gli eventi si terrebbero a Calgary, Whistler e forse ad Edmonton. «Il piano – afferma la Potkins – è ben strutturato, è sostenibile e sarà portato avanti con responsabilità. Comporta la realizzazione di alcune facility, di una nuova arena nonché il possibile riutilizzo di strutture dei giochi olimpici invernali del 1988, che si sono svolti a Calgary. Attualmente non sappiamo, però, se il governo federale o provinciale sosterranno la causa. Quale livello interverrà?». Anche perché il 13 novembre si terrà un referendum, che a Calgary chiamano «plebiscite». «Ma secondo gli ultimi sondaggi – termina la Potkins – solo il 53% dei cittadini è favorevole alle olimpiadi». Non proprio un trionfo. «L’esito non è scontato: ci sono supporter appassionati, ma anche detrattori. Staremo a vedere».