Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I danni della furia, un miliardo

Il flagello del maltempo Bellunese devastato, l’esercito nei paesi di montagna. La paura del Piave, evacuato l’outlet di Noventa Zaia: «Ma gli argini hanno tenuto». Le vittime salgono a due. Esposto contro le fake news

- Marco Bonet © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

MESTRE Due morti, un soccorrito­re ferito gravemente, i piccoli Comuni del Bellunese distrutti e isolati. E poi il Piave che come un serpente scende dalle montagne per tuffarsi nel mare e ad ogni ponte che attraversa fa ammutolire di paura, costringen­do intere famiglie ad abbandonar­e le loro case. «Ne usciamo martoriati dice il governator­e Luca Zaia nella sede della Protezione civile di Mestre dove è riunita l’Unità di crisi - il Veneto è in ginocchio, ci sono danni per centinaia di milioni di euro».

L’agricoltur­a lamenta le colture distrutte, gli albergator­i veneziani un calo delle prenotazio­ni del 30% per il Ponte di Ognissanti per via dell’acqua alta record. C’è chi, in attesa della conta, prova ad azzardare una cifra, anche alla luce di quanto accadde nel 2010: un miliardo. Taibon, nell’Agordino, è il Comune simbolo: pochi giorni fa ha dovuto affrontare la furia del fuoco, ora deve fare i conti con la devastazio­ne provocata dall’acqua. Ma, racconta l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, tutto il Bellunese - la sua

Borrelli

Le priorità: più fondi per la prevenzion­e, pulizia degli alvei obbligator­ia e pensiamo ad una copertura assicurati­va catastrofa­le

provincia - ha bisogno di aiuto, dal Feltrino al Cadore ed il Comelico, al punto che ai 1.635 uomini della Protezione civile regionale si sono aggiunti 250 volontari arrivati da Emilia Romagna, Marche, Piemonte e Lombardia e l’esercito, che nel primo pomeriggio ha raggiunto la centrale operativa allestita all’aeroporto di Belluno. «Al momento non siamo in grado di dire quando si tornerà alla normalità» allarga le braccia l’assessore. Ogni ora ha la sua pena: l’ospedale di Agordo senza gasolio per i generatori d’emergenza, gli stabilimen­ti Luxottica costretti a chiudere i battenti, i continui black-out (in tutto il Veneto sono state 122 mila le famiglie rimaste al buio, Terna ha messo in campo 1.500 persone per rimediare ai guasti a Nordest), le strade chiuse per via dei tronchi e delle frane, dall’Alemagna all’Agordina, dalla Carnica al Passo Rolle, e poi più giù, in pianura, per la paura, dalla Pontebbana alla Postumia.

Due i morti, un bilancio più duro di quello dell’alluvione del 2010: Alessandro Pompolani, 49 anni, travolto da un albero a Feltre ed Ennio Piccolin, 61 anni, travolto dal torrente Focobon a Falcade. «Siamo davanti al nubifragio peggiore degli ultimi cent’anni» spiega Zaia, mentre i tecnici elencano le 25 centraline che hanno superato i 500 millimetri per metro quadro e le 2 che sono finite addirittur­a sopra quota 650. Per intendersi: l’alluvione del 1966 fece superare quota 500 a due sole centraline (una sopra 600) e l’alluvione del 2010 registrò quattro centraline sopra i 500 (neppure una oltre i 600). «Da nessun’altra parte in Italia ha piovuto tanto» assicura Nicola Dell’Acqua, capo del settore Ambiente della Regione. «Ma il sistema ha retto - sospira Zaia - i lavori fatti dal 2010 ad oggi hanno impedito che una tempesta ben più grave di quella di allora si tramutasse in un’autentica catastrofe». Più dei 395 milioni spesi per le grandi opere, come la cassa di Trissino (entrata in funzione solo al primo stadio, quello «in linea») e le casse di Caldogno e Colombaret­ta, a salvare il Veneto dalle esondazion­i sono stati i lavori sugli argini, su cui la Regione ha investito 411 milioni. Nel 2010 vi furono 32 sfondament­i; stavolta, salvo piccoli cedimenti, il sistema ha tenuto: l’Adige a Verona, grazie anche al canale di deviazione sul Garda (ma per aprirlo ci sono volute sette riunioni con Trentino, Lombardia, Aipo e Protezione civile!); il Bacchiglio­ne a Vicenza; il

Brenta a Bassano e a Padova. In quest’ultimo caso è stato fondamenta­le il lago del Corlo, che come altri bacini montani ha fatto da valvola di sfogo prima che fosse troppo tardi. «I modelli previsiona­li sono stati fondamenta­li - racconta Dell’Acqua - ci hanno permesso di svuotare i bacini con tre giorni d’anticipo sull’arrivo della perturbazi­one». Il Piave, che ha raggiunto la sua piena storica (2.500 metri cubi al secondo) è stato il fiume che più d’ogni altro ha tenuto tutti col fiato sospeso: le aree golenali sono state allagate, intere frazioni, rimaste al buio, sono state evacuate (tre capifamigl­ia sono stati denunciati per essersi opposti), così come l’outlet di Noventa, sono stati chiusi ponti, strade, caselli autostrada­li e la ferrovia, requisiti i cimiteri usati come deposito dall’esercito. Ma alla fine, fortunatam­ente, anche il fiume Sacro alla Patria è passato oltre senza provocare disastri.

«La conta dei danni è comunque altissima, invito tutti a fare le foto e a consegnare ai Comuni una documentaz­ione accurata, altrimenti poi si rischia con i risarcimen­ti» è l’appello di Zaia, mentre il deputato dem Roger De Menech chiede al Governo un segnale già nella legge di Bilancio e il capo della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli, arrivato in Veneto in elicottero, torna a proporre una copertura assicurati­va catastrofa­le, più risorse per la prevenzion­e e una maggior attenzione per la pulizia degli alvei, se necessario imposta anche per legge (la Regione spende 40 milioni l’anno solo per i corsi d’acqua in montagna). Oggi torna il sereno ma durerà poco: domani si ricomincia, sono previsti altri 100 millimetri di pioggia e il terreno è zuppo. Le scuole restano chiuse in tutta la provincia di Belluno, nel Comune trevigiano di San Biagio e in quelli veneziani di San Donà, Noventa, Musile, Fossalta, Jesolo, Eraclea.

E Zaia chiude con un avvertimen­to: «Presenterò un esposto in procura contro ignoti per denunciare le fake news fatte circolare da qualche cretino sui social. Che nessuno poi dica: io non lo sapevo».

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Nella foto una casa crollata a Ponte di Mas. Belluno La montagna è l’area più flagellata dal maltempo. Si stimano i danni, ma il piano della Regione ha evitato il peggio.
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L’Unità di crisiNicol­a Dell’Acqua, capo settore Ambiente (primo da sin. ) l’assessore Gianpaolo Bottacin (terzo) il governator­e Luca Zaia, Angelo Borrelli della protezione civile nazionale e Luca Soppelsa di quella regionale

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