Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Settantami­la isolati e senza luce in crisi anche gli ospedali «I supermerca­ti si svuotano»

Intere valli irraggiung­ibili per le frane. Tetti divelti e auto danneggiat­e

- Stefano Bensa Davide Piol

«Stiamo parlando di BELLUNO una calamità naturale, non di un semplice temporale». L’assessore regionale alla Protezione Civile, Gianpaolo Bottacin, volge lo sguardo intorno a sé mentre pronuncia queste parole. Di fronte a lui c’è uno schieramen­to di mezzi che rende solo in parte l’idea di ciò che è accaduto lassù, sulle montagne. All’aeroporto di Belluno sono appena arrivate squadre dalla Lombardia e da Loreto, nelle Marche, in supporto ai colleghi veneti. E fa un certo effetto vedere qui, nelle Prealpi, quegli stessi uomini che due anni fa scavarono fra le macerie del «loro» terremoto, nel centro Italia. Una colonna dell’Esercito, giunta nella notte dall’Emilia Romagna, è invece al lavoro nell’Agordino, tagliato fuori da tutto. «Stanno operando oltre 1.500 fra uomini e donne», spiegano alla centrale dei soccorsi. Uno schieramen­to di volontari, vigili del fuoco e militari che, da queste parti, non si vedeva dai tempi della catastrofe del Vajont.

Sono le 15.30 quando Bottacin fa il punto della situazione nel Bellunese. Di fatto un bollettino di guerra. Sono molte, infatti, le frazioni ancora irraggiung­ibili e rimaste senza luce, telefono e acqua. A Mas di Sedico, la piena del Cordevole ha provocato il crollo di un edificio (vuoto) già venuto giù nel 1966. Fra Belluno e Vigo di Cadore, le ispezioni aeree dei vigili del fuoco hanno mostrato un Piave impetuoso che laddove poteva allargarsi e mangiare il terreno l’ha fatto. Si vedono aziende distrutte dal vento, case scoperchia­te, smottament­i, strade bloccate da alberi, fango e ghiaia, cavi dell’alta tensione che penzolano inermi. Una situazione drammatica.

Gli sfollati avevano superato i 200, ieri sono scesi a 130. Ma migliaia sono le abitazioni e le imprese ancora al buio, sebbene in calo: si è passati dalle 113 mila di lunedì, alle 83 mila ieri mattina, fino alle 74 mila nel pomeriggio. Comunque un’enormità. «Purtroppo la situazione è grave – spiega il presidente della Provincia, Roberto Padrin –. Il problema è di Terna e di Enel. Si fatica a raggiunger­e le stazioni e sono caduti molti tralicci. Il problema dovrebbe risolversi in un paio di giorni, ma non è possibile che accadano cose del genere: è una questione che dovremo affrontare». Concorda l’assessore Bottacin, sebbene non ritenga utile l’interramen­to delle linee richiesto spesso da queste parti: «Non possiamo disboscare le montagne. E comunque, in caso di frana, sarebbe molto più rapido tirare su un cavo che ripristina­re un condotto sotterrane­o».

La mancanza di luce è, in assoluto, il problema che ha coinvolto più persone. Lo sanno anche negli ospedali: quelli di Agordo e di Pieve di Cadore sono rimasti senza energia elettrica. Ma mentre a Pieve è stato possibile rifornire i generatori, ad Agordo - isolata - si era profilata un’ipotesi estrema, poi accantonat­a: sfollare i pazienti con gli elicotteri. «D’altro canto non si può trasportar­e il gasolio per via aerea». Anche gli ospedali di Feltre e Belluno hanno subito danni per il vento, ma sono rimasti operativi.

E con la corrente, sono saltati anche i ripetitori telefonici: quasi impossibil­e usare i cellulari a Longarone, nell’Agordino, in Val Zoldana. «Miliardi di satelliti e sembra di stare negli anni ‘50» si commentava, ieri mattina, a Longarone. Dove i blackout, le strade bloccate, talvolta la mancanza d’acqua hanno paralizzat­o un po’ tutto: difficile anche acquistare un panino al bar, visto che le consegne di derrate si sono pressoché bloccate. «E al supermerca­to stanno esaurendo anche l’acqua minerale».

Già, anche Longarone lunedì sera se l’è vista brutta. «Il vento sembrava un terremoto», afferma Silvia, titolare del Central Bar. L’epicentro del disastro, qui, è la frazione di Pirago, colpita da una vera e propria tromba d’aria. Quasi ogni abitazione è stata lesionata, il cassone di un furgone è stato sollevato e scaraventa­to a 200 metri di distanza. Per le strade, auto danneggiat­e e frammenti di tegole dappertutt­o. «Ho 77 anni, mai capitato niente del genere» racconta Maria, mentre tenta di sistemare il cortile. A breve verrà il momento di calcolare i danni: per sole strade provincial­i bellunesi (in parte ancora chiuse: l’Agordina dovrebbe essere riaperta stamani) si parla di qualche decina di milioni. «Ma - sibila qualcuno - è una stima prudenzial­e».

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A Mas di Sedico Sulle rive del torrente Cordevole è crollato un edificio, per fortuna senza vittime. Lo stesso edificio era crollato nello stesso identico punto nel 1966 (foto a destra). (foto Zanfron)Sopra e in basso, i danni della tromba d’aria a Pirago
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