Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Pil stagnante, imprese dure «Paghiamo scelte politiche»
VENEZIA «Un Paese che potrebbe smettere di crescere, un quadro che fa a pugni con l’ottimismo del governo e la convinzione che la manovra sia la soluzione e non il problema».
Lo stop alla dinamica espansiva dell’economia nazionale, che continuava da più di tre anni, diagnosticato ieri dall’Istat, rivedendo il tasso di crescita tendenziale del Pil allo 0,8%, contro l’1,2% previsto invece a fine giugno, per il presidente di Assindustria Venetocentro, Massimo Finco, è «una cattiva notizia ma prevedibile». Commentando la stagnazione riscontrata dall’Istat nel terzo trimestre, pur a parità di giornate lavorative dello stesso periodo dello scorso anno, Finco inserisce il fenomeno in «un ciclo economico mondiale che sta rallentando rendendo un Paese esportatore come l’Italia più vulnerabile. C’è da augurarsi che questi segnali, dopo Ue, mercati, agenzie di rating e la posizione espressa da tutti i settori produttivi, inducano questo governo a fare i conti con le proprie responsabilità di fronte al Paese. Non è nei toni che si fa la differenza ma nella capacità di capire che ci sono alcune criticità e cambiare».
Il leader degli industriali di Padova e di Treviso, infine, ricorda che «gli imprenditori veri vogliono certezze sulle scelte di politica industriale, sulle infrastrutture, dalla Tav alla Pedemontana, e sui tempi della loro realizzazione, e non possono più sopportare una politica che va contro lo sviluppo e la crescita».
Una posizione nella sostanza sovrapponibile a quella assunta sullo stesso tema dal presidente di Confartigianato Veneto, Agostino Bonomo. La contrazione dei consumi e la conseguente frenata sul Pil, riflette Bonomo, «è in presa diretta con le incertezze della politica nazionale in materia, ad esempio, di investimenti su Industria 4.0, con il rischio che non ci sia una continuità con gli incentivi in vigore negli anni scorsi, e sulle infrastrutture. La sfiducia, anche a Nordest, è ritornata a crescere e non è casuale l’aumento delle attività degli sportelli bancari austriaci appena oltre il confine. Una fuga di risparmio all’estero esiste e il segnale è chiaro. In tutto questo – chiude Bonomo – non sarà certo il reddito di cittadinanza a incoraggiare la ripresa dei fatturati».
Anche per Alberto Baban, presidente della rete di imprese Venetwork, in quanto rileva l’Istat «purtroppo non c’è sorpresa», sebbene non serva a nulla «il partito dell’Io l’avevo detto, per attribuire la colpa ad altri. Rispetto soltanto ai primi mesi di quest’anno gli investitori stranieri sono completamente spariti e compaiono soltanto per staccare ogni tanto degli assegni per comperare qualche nostra impresa eccellente». Inevitabile, in ogni caso, constatare che «l’acqua alta è arrivata anche sulle imprese, prive di sistemi di difesa da costruire per tempo. Imprese con le quali il governo non dialoga, preferendo investire sul reddito e non sulla sua formazione. La fiducia si costruisce in anni – conclude Baban – ma si distrugge in un attimo».