Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ucciso da una scheggia mentre costruisce le botti: a processo i Garbellotto
CONEGLIANO La perizia non scioglie i dubbi sulle eventuali responsabilità nell’infortunio mortale. Per questo vanno tutti a processo i cinque indagati per la morte di Dino Corocher, il 49enne mastro bottaio della Garbellotto Botti di Conegliano, la storica azienda che produce botti in legno, commercializza legname ed è comproprietaria dell’Imoco Volley.
Ieri in tribunale, a Treviso, davanti al gup Angelo Mascolo si è tenuta l’udienza preliminare che doveva decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla procura per il 37enne amministratore delegato dell’azienda (e presidente di Imoco) Pietro Garbellotto, difeso dall’avvocato Alessandro Alfano, per i suoi fratelli - membri del consiglio di amministrazione - Piergregorio, 37 anni, e Piermilio, 35, nonché per il 66enne direttore dello stabilimento, Graziano Cavalet, difesi dall’avvocato Alberto Mascotto. A giudizio anche il responsabile della sicurezza Matteo Cestaro, 49 anni, difeso dall’avvocato Alessandro Rinaldi. Per tutti l’accusa è di omicidio colposo. Nel processo non ci sono parti civili: la famiglia dell’operaio, già risarcita, non ha ritenuto di costituirsi.
Dino Corocher, 49enne di Vittorio Veneto, è morto il 26 luglio 2017. Era un tecnico specializzato e capo piazzale in azienda, e quel giorno stava lavorando alla rifilatura. Doveva cioè infilare le tavole di legno nel macchinario adibito al livellamento dei bordi. Improvvisamente, però, una scheggia di legno si era staccata dalla tavola, era stata scagliata fuori dal macchinario e aveva colpito il 49enne al collo. Il pezzo di legno si era conficcato nella vena giugulare, recidendola e provocando un’immediata e massiva emorragia che di fatto ha condannato a morte l’operaio. Un’emorragia impossibile da tamponare per i colleghi, corsi subito ad aiutarlo. Anche i soccorsi del Suem 118, arrivati tempestivamente, non erano purtroppo serviti. Corocher è morto dissanguato in pochi minuti.
Il pubblico ministero Giulio Caprarola, che ha coordinato l’indagine dello Spisal, ha disposto, oltre al sequestro del macchinario, una «Rifilatrice Bristot Cesare Belluno», anche una perizia tecnica, affidata all’ingegner Pierluigi Zamnuer, che aveva lo scopo di accertare perché quel pezzo di legno si sia potuto staccare dal pannello e uccidere l’operaio. Ma i risultati dell’accertamento tecnico, presentati ieri in udienza, hanno indotto il gup Mascolo a ritenere fondata l’esigenza di un approfondimento dibattimentale. Per questo, respinte le istanze delle difese di non luogo a procedere, ha accolto quella del pm Caprarola e ha disposto per i cinque imputati il rinvio a giudizio. Il processo inizierà esattamente tra un anno, il 13 novembre 2019.