Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’ultimo sms di Mihail: «Ora le taglio la pancia e le strappo il bambino»
Per il giudice è la premeditazione dell’omicidio di Irina
CONEGLIANO «Ma quale tutto ok. Io le taglio la pancia e le strappo via il bambino».
Così parlava Mihail Savciuc di Irina Bacal e del bambino che la 20enne aspettava da lui. Era il 3 marzo 2017, 16 giorni prima dell’omicidio della giovane, avvenuto in un boschetto di Manzana. Mihail lo scriveva in un messaggio a un’amica che cercava di rassicurarlo sul «problema» della gravidanza dell’ex fidanzata. Il retroscena emerge dalle motivazioni della sentenza di primo grado, emessa dal gip Piera De Stefani che ha condannato Savciuc a 30 anni di carcere con rito abbreviato.
Tra pochi giorni ci sarà il processo d’appello e il 21enne tenterà, con un nuovo cambio di difensore (l’avvocato Giorgio Pietramala), di ottenere uno sconto di pena. Il giovane è accusato di omicidio volontario premeditato e pluriaggravato dallo stato di gravidanza della vittima e dai motivi abbietti, oltre che di occultamento di cadavere. Movente del delitto il figlio di quasi 7 mesi, che Irina aspettava dal suo assassino. E che non voleva. Lo ha confessato lui stesso.
Non subito però. Già nel mirino della polizia, il 21enne prima ha fornito quattro versioni diverse cercando di allontanare da sé i sospetti. Solo dopo un colloquio con la sorella Raissa, ha confessato di averla uccisa. Irina gli aveva ribadito quella notte che non si sarebbe sbarazzata del piccolo: «Lo dirò a tuo madre e alla tua nuova fidanzata». Per lui sarebbe stata la fine. «La meschinità del comportamento di Savciuc il quale, pur di non compromettere il suo soddisfacente stile di vita e l’immagine di bravo ragazzo abbia scelto di sopprimere l’esistenza di colei che la metteva a repentaglio con la gravidanza e la nascita del bambino. Evidente la sproporzione incommensurabile e ripugnante tra i contrapposti valori in gioco». Irina è stata uccisa con «modalità brutali» scrive ancora il gip: «Colpita almeno due volte al volto con un sasso, mentre lei cercava di difendersi. E quando è caduta a terra l’ha strangolata».
Savciuc ha accompagnato gli inquirenti nel boschetto, dove aveva occultato il corpo sotto una coltre di foglie e rami secchi. Dettagli che hanno vanificato il tentativo della difesa di sviare i sospetti da lui: «Impossibile sul piano logico immaginare l’estraneità dell’imputato all’azione violenta dallo stesso».
L’appello
Il processo di secondo grado è stato fissato nei prossimi giorni. Chiederà uno sconto