Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La Cappella Polacca Gli splendori dopo il restauro
Restaurata la cappella dedicata a San Stanislao nella Basilica del Santo di Padova. Recuperato uno dei più importanti cicli Art Nouveau
Una scena tanto scarna quanto potente: l’arrivo degli angeli scaccia lontano quei corvi che si erano accaniti sulle membra straziate di San Stanislao, vescovo di Cracovia, assassinato nel 1079. Nel frattempo, tre aquile (che simboleggiano i tre Paesi - Prussia, Impero Russo e Impero austriaco – che nel XVIII secolo si spartirono la Confederazione Polacco – Lituana) vigilano sul corpo del santo. Il martire, fatto a pezzi, riappare miracolosamente ricomposto fuori le mura di Cracovia, ora illuminata dal sole. Tadeusz Popiel (1863 – 1913) con la sua interpretazione neomedievale, in questo dipinto esprime la metafora perfetta della Polonia: una terra fatta a pezzi e che solo grazie a un miracolo sarebbe potuta risorgere, unita e forte.
Da ieri torna a splendere la Cappella Polacca di San Stanislao, all’interno della Basilica di Sant’Antonio a Padova, dopo l’intervento di restauro guidato da Elzbieta Barbara Lenart, progettato ed eseguito nella ricorrenza del centenario dell’indipendenza della Polonia. Gli interventi si sono concentrati sul ciclo di affreschi di Tadeusz Popiel, eseguiti nel 1899 in stile Art Nouveau – per Lenart il primo esempio di art nouveau che vanta la città di Padova - e su numerosi busti e lapidi collocati all’interno della Cappella. Già «di San Bartolomeo», la Cappella Polacca è una delle cappelle radiali della Basilica che venne trasformata in «nazionale» nel 1895, quando padre Warchal, penitenziere in Basilica, avanzò la proposta di trasportarvi l’altare di San Stanislao presente in Basilica già dalla fine del Cinquecento. L’arredamento venne seguito dal noto architetto Camillo Boito, figlio della contessa polacca Józefina Radolinska.
Le decorazioni pittoriche rispondono a un programma patriottico strettamente legato alla storia e la tradizione religiosa della nazione. Per i polacchi che venivano a visitare la cappella, gli affreschi al suo interno, soprattutto all’inizio del XX secolo, quando erano ancora in vigore le spartizioni settecentesche della Polonia, erano un potente richiamo, un segno di attaccamento alla loro identità e un’espressione del loro desiderio di riportare la patria nella mappa dell’Europa.
Il restauro appena terminato ha portato a compimento una lunga serie di interventi, iniziati nel 2005, grazie all’impegno economico di 75mila euro che il governo polacco, unitamente al ministero per la Cultura e ad alcuni dei più importanti musei di Cracovia, si è sentito in dovere di finanziare per omaggiare la Basilica del Santo di Padova, al quale i polacchi sono devotissimi.
Spiega padre Sylvester Bartoszewski, penitenziere polacco alla Pontifica Basilica di Sant’Antonio di Padova, che proprio i suoi connazionali sono i pellegrini stranieri al primo posto per visite al Santo, con ben 850 gruppi di devoti all’anno. Padova inoltre vanta una comunità polacca molto forte. Più di 700 persone, soprattutto donne (molto spesso badanti), hanno dato vita ad altrettante famiglie miste; tanto che ogni prima domenica e ogni terzo sabato del mese la santa Messa è recitata in polacco. Per Adrianna Siennicka, console generale della Repubblica di Polonia a Milano «la Cappella è il segno materiale dei polacchi a Padova. Ma anche il grido di speranza della nostra nazione, testimonianza di fede e orgoglio nazionale».
Nel 1918 il sogno della rinascita della Polonia si avverò, ma non vennero meno l’interesse e la devozione per questo luogo, davanti al quale tanti polacchi avevano pregato e avevano pianto.