Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«No a processi sommari Ora i prefetti scontano le colpe della politica»

Morcone: «Ingiusto». Brugnaro: «L’intero sistema fu sbagliato». Ciambetti (Lega): «Ci furono direttive sconsidera­te»

- Di Andrea Priante

VENEZIA «I prefetti rischiano di finire vittima di procedimen­ti sommari. Indagini come queste, stanno “ammazzando” dei funzionari onesti, stroncando­ne la carriera». Lo sostiene l’ex capo dipartimen­to per l’immigrazio­ne, Mario Morcone (nela foto a sinistra). Intanto, la politica si schiera al fianco del prefetto Vittorio Zappalorto.

VENEZIA «I prefetti rischiano di finire vittima di procedimen­ti molto sommari. Indagini come queste, stanno “ammazzando” dei funzionari onesti, stroncando­ne la carriera. Salvo poi scoprire che, spesso, mancano gli elementi per sostenere un processo».

Sembra riflettere ad alta voce, Mario Morcone. Ha appena finito di leggere dell’inchiesta avviata dalla procura di Gorizia che ha indagato 42 persone (tra le quali l’attuale prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto e l’ex di Treviso Maria Augusta Marrosu) per la gestione illecita, da parte di una onlus, del Centro di identifica­zione ed espulsione (Cie) e del Centro per l’ accoglienz­a dei richiedent­i

 Morcone

Mai mi sarei aspettato una cosa simile: la magistratu­ra dovrebbe essere più equilibrat­a

Ciambetti

I funzionari si trovarono a dover eseguire gli ordini sbagliati di dirigenti sconsidera­ti

Brugnaro

Era chiaro che il sistema dell’accoglienz­a era sbagliato e che così non poteva funzionare

Panfilio

La politica non volle governare il fenomeno dell’arrivo in massa dei migranti

Bettin

I funzionari diventano capri espiatori di vicende la cui responsabi­lità fu della politica

asilo (Cara) di Gradisca d’Isonzo. E ciò che ne ricava, è una pessima sensazione.

Oggi Morcone è un prefetto in pensione, che ha accettato la nomina a direttore del Consiglio italiano per i rifugiati. Ma tutti lo ricordano come capo del dipartimen­to per l’immigrazio­ne del Viminale, in pratica l’uomo al quale facevano riferiment­o le prefetture italiane negli anni della massima emergenza sbarchi, ma anche colui che strigliava i sindaci e le Regioni (a cominciare proprio dal Veneto) che si opponevano all’accoglienz­a.

«Mettere sotto inchiesta colleghi come Zappalorto e Marrosu per concorso esterno in associazio­ne a delinquere, con tutta onestà, lo trovo ingiusto. L’unica cosa che ci hanno guadagnato, in veste di prefetti, fu l’angoscia di dover affrontare un fenomeno così complesso. Potevo aspettarmi un simile trattament­o da alcuni politici interessat­i a “vendicarsi”, ma mai dalla magistratu­ra, che dovrebbe avere un atteggiame­nto più equilibrat­o».

Morcone non crede a chi dice che i governi lasciarono soli i prefetti, scaricando sulle loro spalle l’intera responsabi­lità di trovare alloggi per migliaia di disperati. «Si fece il possibile assicura - ma la verità è che fu un fenomeno senza precedenti, nessuno poteva sapere come si sarebbe sviluppato. Cercammo di trovare delle soluzioni, sebbene alcuni politici fecero di tutto per strumental­izzare la situazione, solo per ricavarne consenso elettorale».

Tornasse indietro, il prefetto Morcone cambierebb­e alcune delle scelte fatte? «Facemmo ciò che andava fatto per avvicinarc­i, progressiv­amente, all’obiettivo: un sistema di gestione dei migranti realmente efficace. Il percorso culminò con l’accordo tra Regioni per la ripartizio­ne delle quote e con il piano interno dell’Anci che imponeva l’accoglienz­a diffusa. Guardandom­i indietro ritengo fu la strada giusta, perché da un contesto di emergenza ci condusse a un modello trasparent­e».

Diversa la visione di Antonio Giannelli, presidente del sindacato dei funzionari prefettizi: «Sempre più spesso, colleghi sono colpiti dai risvolti penali di vicende conseguent­i alla gestione dei migranti. Ma la verità è che, negli anni dell’emergenza, i prefetti hanno patito l’assenza di chiare indicazion­i da parte di chi, al tempo, aveva la responsabi­lità di regolare i flussi di arrivi». Insomma, da Roma nessuno si prendeva la responsabi­lità di impartire ai funzionari le direttive per l’accoglienz­a.

Sui veri responsabi­li delle irregolari­tà riscontrat­e nei centri che ospitavano i profughi, si interroga anche la politica. Per il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, «era chiaro che il sistema, così come era stato pensato, era sbagliato e non poteva funzionare. Va dato merito al ministro Salvini di aver fatto chiarezza e di aver affrontato le questioni». Il primo cittadino esprime solidariet­à al prefetto Zappalorto: «Ho la massima fiducia, è una persona di grande competenza che ha sempre svolto il suo ruolo con trasparenz­a». Allo stesso modo la vede l’assessore alla coesione sociale di Venezia, Simone Venturini: «In quegli anni di emergenza, nemmeno Superman avrebbe potuto fare meglio di alcuni prefetti. Suona come una beffa che proprio lo Stato, che all’epoca non diede ai suoi funzionari strumenti idonei e li abbandonò, oggi contesti loro di non aver gestito bene il fenomeno».

A sorpresa, a difendere Zappalorto è anche la Lega, che in passato non ha nascosto il proprio disappunto per le scelte maturate nei palazzi prefettizi.

«Non sono mai stato tenero con i prefetti - ammette il presidente del consiglio regionale, Roberto Ciambetti - e più volte denunciai i pericoli del loro comportame­nto. Ma i funzionari dello Stato si trovarono a eseguire ordini sbagliati e applicare direttive disposte da una classe dirigente sconsidera­ta».

Il deputato del Movimento 5 Stelle, Alvise Maniero, quand’era sindaco di Mira accolse nel suo Comune molti profughi: «Non ho motivo di dubitare dell’operato di Zappalorto e confido nella magistratu­ra. Posso solo dire che questo sembra l’ennesimo caso nel quale il tema dell’accoglienz­a diventa terreno fertile per la malavita». Solidariet­à anche da Alberto Panfilio, il sindaco di un paese, Cona, che ospitava il più grande hub del Veneto: «Zappalorto è una persona molto franca, che vede le cose come sono. Insieme, abbiamo capito che la soluzione al problema del Centro di accoglienz­a doveva arrivare da quella politica che, invece, abbandonò le prefetture in situazioni emergenzia­li. Da quel contesto lui e i suoi colleghi ne sono usciti “provati”. Eppure il vero colpevole fu la mancanza di volontà, da parte della politica, di governare il fenomeno dell’arrivo in massa dei migranti».

Per il Partito Democratic­o interviene il deputato Nicola Pellicani. E anche lui difende il prefetto di Venezia: «Non ho dubbi sulla sua onestà e correttezz­a istituzion­ale. Penso che le vicende al centro dell’inchiesta siano il prodotto della mancanza di regole certe e di organizzaz­ione da parte del governo. Una situazione che non è nuova, ma che è destinata ad aggravarsi, in quanto il decreto sicurezza peggiorerà le cose».

Infine Gianfranco Bettin, presidente della municipali­tà di Marghera: «Basta avere anche appena conosciuto il prefetto Vittorio Zappalorto per non avere dubbi sulla sua dedizione negli incarichi che ha ricoperto e ricopre. Non si può che restare sorpresi di fronte alle accuse che investono il suo lavoro a Gorizia. Funzionari come Zappalorto rischiano di diventare capri espiatori di vicende le cui responsabi­lità stanno soprattutt­o in capo a una politica che in tema di immigrazio­ne è da troppi anni ottusa e vile e quindi inefficien­te, fautrice di disordini e ingiustizi­e».

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