Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il gancio di Silvia, prima italiana a conquistare il ring dell’Europa
A 34 anni campionessa dei superleggeri
Nata a Motta di Livenza, nel Trevigiano, cresciuta a Mestre, esplosa a Padova dove vive: Silvia Bortot è una boxeur veneta ed è la prima italiana a salire sul trono europeo dei Superleggeri. La storica cintura l’ha conquistata venerdì in Francia e ai nostri lettori racconta cosa la spinge a uno sport da maschi: «Quando combatto mi sento bella»
PADOVA L’infortunio che sette anni fa le aveva maciullato un ginocchio in un campo da beach volley poteva scrivere la parola fine sulla sua carriera. Invece da quell’episodio la vita sportiva di Silvia Bortot ha trovato nuova linfa che l’ha portata venerdì sera a diventare campionessa d’Europa dei pesi superleggeri di boxe.
Per la prima volta un’italiana si è presa la cintura dei 64 chili. Un evento impreziosito dal fatto che la 34enne trevigiana ha conquistato il ring francese di Gymnasie de Royallieu a Compiegne sconfiggendo la transalpina MarieHélène Méron. Un incontro dominato quello dell’atleta che abita ad Abano, che è cresciuta alla Padova Ring e che ogni giorno raggiunge San Bonifacio nel veronese dove lavora come grafica. Bortot nel primo round ha mandato subito al tappeto l’avversaria con un destro e ha costruito il suo trionfo all’inizio della quarta ripresa con una cannonata che ha mandato ko la francese. «Ancora non ci credo - racconta la boxeur veneta all’indomani di un sogno costruito nel tempo e con la voce roca per i festeggiamenti - questa vittoria è arrivata dopo un lungo periodo di allenamento ed è stata costruita con tutto il team». La trentaquattrenne due anni fa ha scelto di fare il grande salto tra i professionisti: «Ho fatto 63 incontri tra i dilettanti, nel 2016 sono passata tra i professionisti e adesso ho uno score di cinque vittorie e un pareggio. Di fatto sono imbattuta. La cintura è prestigiosa e vincerla fuori casa dà ancora più lustro. Cambia tutto quando non sei davanti ai tuoi tifosi». Gli sport da combattimento sono sempre stati la sua passione in un ambiente che i cliché vogliono prettamente maschile: «A 18 anni mi sono avvicinata alla Kick Boxe e alla Thai per dimagrire. Ero cicciottella e ho scoperto questa grande passione illuminata da Van Damme e Bruce Lee. Ho imparato la dedizione al combattimento. Poi è arrivato l’infortunio al ginocchio. Una persona pensa di farsi male sul ring e invece è capitato lungo una spiaggia. Mi sono dovuta fermare e quando sono guarita ho scoperto la boxe. All’inizio mi dicevano che avrei usato meno le gambe, in realtà sono fondamentali. La femminilità? La puoi vestire sul ring come ovunque e io mi sento bella quando combatto».
Una veneta a tutto tondo la Bortot: trevigiana d’origine, di Motta di Livenza, ha tirato i primi pugni a Mestre, si è formata nel Padovano ed è esplosa alla Verona Boxing Fight di Luca Tescaroli che è anche il suo coach. «Mi ha seguito nel passaggio ai professionisti. E’ stato uno dei pochi a credere in me. Insieme a lui ringrazio Pietro Orante il cutman, Andrea Vianello il mental coach e Massimo Brognara il manager. In Italia la boxe non è ancora esplosa. Si vive di sacrifici, si guadagna poco e i palazzetti difficilmente si riempiono. La dedica? In primis a mio padre Sileno scomparso tanti anni fa, poi a mia madre e soprattutto a me stessa». Adesso il sogno è quello di difendere in casa la cintura e puntare al mondiale senza dimenticarsi l’impegno nel sociale: «Mi alleno tutti i giorni per 4 ore, lavoro come grafica ma una delle cose a cui tengo di più sono i progetti sui disturbi alimentari che ho vissuto in prima persona e quelli contro la violenza di genere, il bullismo e a favore dei malati oncologici».