Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
IL NORD VA ASCOLTATO
La cosa peggiore da fare, di fronte alla frenata dell’economia e ai nuvoloni neri forieri dell’ennesima recessione, è non prestare attenzione alle istanze che si levano dal Nord. O addirittura alimentare la contrapposizione tra Nord e Sud del Paese. Da tempo vecchio e nuovo triangolo industriale si muovono compatti, senza distinzioni politiche, nel chiedere incisive strategie di sviluppo. Sul tema chiave dell’autonomia si è creato «un coordinamento perfetto e mai visto» tra Veneto, Lombardia ed Emilia (parole del costituzionalista Mario Bertolissi). Riguardo alla Tav e in generale alle infrastrutture, dalla pedemontana veneta e lombarda al passante di mezzo di Bologna, alla galleria di base del Brennero, i democratici Sergio Chiamparino e Stefano Bonaccini la pensano esattamente come i leghisti Luca Zaia, Attilio Fontana e Maurizio Fugatti: no alla decrescita (in)felice, sì a tutte le opere necessarie per competere a livello europeo. Posizione peraltro espressa in ogni salsa anche da associazioni confindustriali, artigiani, commercianti. Non finisce qui: persino sulle Olimpiadi invernali del 2026 funziona a meraviglia l’intesa trasversale fra il governatore veneto Zaia e il sindaco di Milano Sala. Insomma, il cosiddetto «popolo del Pil» appare unito come non mai.Perché, come sostiene Alberto Baban, ex presidente nazionale dei piccoli di Confindustria, «il mondo produttivo ha abbattuto da un pezzo le antiche barriere ideologiche».
Da qui lo scetticismo davanti a quota cento, provvedimento che assorbe (dopo la revisione al ribasso) 4 miliardi. E la netta contrarietà riguardo al reddito di cittadinanza, sceso da 9 a 6,1 miliardi, più uno per il rafforzamento dei centri per l’impiego. Le scelte del governo gialloverde continuano a essere viste come improntate più all’assistenzialismo che alla crescita. L’asse del Nord avrebbe di gran lunga preferito che le risorse disponibili venissero destinate al sostegno all’impresa, alla riduzione del cuneo fiscale, alla lotta alla burocrazia. Di sicuro non giovano a rasserenare gli animi le petizioni e gli appelli lanciati da una certa intellighenzia del Sud contro quella che viene definita la «secessione dei ricchi». Per non parlare delle entrate a gamba tesa del presidente di Confindustria, il salernitano Vincenzo Boccia, fautore (per nulla appassionato) di un’autonomia regionale piena di paletti. In questo scenario, una buona fetta di Nord confida sempre nella Lega e in Matteo Salvini come argine alla deriva assistenzialista imposta dai grillini. Il punto è che l’esecutivo e Salvini in particolare sono chiamati a un salto di qualità: uscire dalla logica dello scambio (io do la legittima difesa a te, tu dai il reddito di cittadinanza a me) e andare oltre lo stesso contratto di governo. Con all’orizzonte lo spettro di una nuova recessione, ascoltare la voce del Nord che produce (e che chiede lavoro) significa fare l’interesse del Paese.