Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ricorsi migranti, giudici precettati
La presidente Marini: «Con l’aiuto di tutto il Veneto smaltiremo le pratiche in un anno»
VENEZIA Dopo il tribunale di Venezia, anche la Corte d’appello, e in particolare la terza sezione civile, rischiava di soffocare sotto la montagna di ricorsi dei richiedenti la protezione internazionale. «Ne abbiamo ricevuti circa 1.900 prima dell’abolizione dell’appello», spiega la presidente della Corte, Ines Marini. Da qui l’idea di chiedere la collaborazione di tutti: saranno coinvolti un centinaio di magistrati di tutto il distretto, che verranno applicati per un paio di settimane nell’ufficio centrale giudiziario del Veneto. «In un anno smaltiremo tutto», sentenzia Marini.
VENEZIA La legge Minniti ha messo il tappo sul buco della barca che stava per affondare. Ma ora, per svuotarla, ci sarà bisogno dell’aiuto di tutti. Fuor di metafora, dopo il tribunale di Venezia, anche la Corte d’appello, e in particolare la terza sezione civile, rischiava di soffocare sotto la montagna di ricorsi dei richiedenti la protezione internazionale. «Ne abbiamo ricevuti circa 1.900 prima dell’abolizione dell’appello», spiega la presidente della Corte, Ines Marini. E se ora il flusso si è interrotto grazie al fatto che dal 2017 non è più concesso fare ricorso contro il rigetto da parte del giudice di primo grado, restava però il problema di come smaltire l’arretrato. Ed è stata proprio la presidente ad avere l’idea di chiedere la collaborazione di tutti: saranno coinvolti un centinaio di magistrati di tutto il distretto, che verranno applicati per un paio di settimane nell’ufficio centrale giudiziario del Veneto in modo da poter ricevere 25 fascicoli, studiarli, tenere l’udienza e poi scrivere le sentenze.
Il provvedimento è passato nei giorni scorsi al consiglio giudiziario, che è l’organismo di rappresentanza regionale della giustizia: un «miniCsm», più o meno. La presidente era partita da un semplice calcolo: per smaltire quei quasi 2 mila fascicoli con le forze e i carichi di lavoro attuali, considerando il fatto che tra l’altro in appello è prevista la composizione collegiale – rispetto al giudice monocratico del primo grado –, sarebbero serviti dieci anni. Un orizzonte temporale ben lontano da quei 6 mesi che erano stabiliti dalla legge per dare una risposta a istanze ritenute fondamentali per i diritti della persona. A quel punto il consiglio giudiziario ha studiato un metodo per tagliare i tempi con l’aiuto di tutti. «L’obiettivo è quello di definirne 75 a settimana a partire da aprile in modo da smaltirli tutti in un anno», dice Marini. Ecco allora che ogni sette giorni verranno applicati due giudici civili (o anche penali, visto che ci sarebbero già dei candidati pure da quel settore) provenienti da tutti i tribunali veneti. Il giudice «applicato» alla Corte verrà esonerato dalle sue funzioni ordinarie per un paio di settimane: la prima per studiare il fascicolo e tenere l’udienza con i due colleghi consiglieri della Corte (la legge prevede infatti che ci possa essere solo un giudice «esterno» in un collegio), la seconda per scrivere il provvedimento.
Tutto questo è necessario, ma non sufficiente. «Questo incremento comporterà anche un notevole aggravio del lavoro di cancelleria - continua la presidente della Corte Il personale dovrà essere rafforzato e spero che ci possa essere l’ausilio degli enti locali». Poi sarà necessario coinvolgere dal punto di vista organizzativo sia la Procura generale che l’Avvocatura dello Stato (che sono parte in causa), che infine la Prefettura per l’esecuzione dei provvedimenti. «È stata una bella risposta corale del territorio di fronte a un problema che è innanzitutto sociale - conclude Marini -. Se questi ricorrenti hanno diritto alla protezione, devono avere una risposta nella massimo condizione possibile, altrimenti rimangono qui per anni in un limbo senza sapere il loro destino». Questo è divenuto poi un argomento di violenta polemica politica, in quanto per alcuni è proprio questo limbo, nel corso del quale non avrebbero nemmeno i titoli per lavorare in regola, a creare dei potenziali criminali.
La Corte ha vissuto «di riflesso» il dramma giudiziario in cui è ancora immerso il tribunale di Venezia, che da tre anni è soffocato dai ricorsi: tanto più da quando lo stesso decreto Minniti ha stabilito che il capoluogo è competente per tutti i ricorsi fatti contro le decisioni di rigetto delle richieste di protezione internazionale da parte delle apposite commissioni di Veneto, Trentino-Alto Adige e FriuliVenezia Giulia. La settimana prossima, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, verranno forniti i dati aggiornati: l’anno scorso c’erano più di 4 mila fascicoli ancora pendenti in primo grado e si era arrivati al record di 7 mila richieste di gratuito patrocinio per una spesa totale di circa 5 milioni di euro.
Ines Marini
L’obiettivo è quello di definire 75 ricorsi di richiedenti a settimana a partire da aprile per smaltirli in un anno. Altrimenti ne servirebbero dieci