Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

INVESTIRE, LA RICETTA ANTI-CRISI

- Di Sandro Mangiaterr­a

Ma come, la Banca d’Italia annuncia la recessione «tecnica» (Pil in calo per due trimestri consecutiv­i) e lo stesso giorno Veneto Lavoro comunica che nel 2018 sono stati creati 25 mila nuovi posti di lavoro? Le imprese, poi, non continuano a lamentarsi perché non trovano le figure profession­ali di cui hanno bisogno? In definitiva, stanno tornano i tempi bui oppure, come ha dichiarato Luigi Di Maio, superminis­tro del Lavoro e dello Sviluppo economico, l’Italia è addirittur­a «alla vigilia di un nuovo boom economico»?

La verità è che tutti gli indicatori, se non di recessione, parlano di un netto rallentame­nto anche per quel Nordest che pure è stato capace di uscire dalla Grande Crisi prima e meglio che il resto del Paese. In particolar­e, preoccupa la frenata delle esportazio­ni: il 2018 si chiuderà intorno a un modesto più 1%. Inevitabil­e. Se si fermano le economie di Germania, Francia e dell’Europa intera (che vale il 60% delle nostre vendite sui mercati internazio­nali), se si paventa lo spettro di una Brexit senza accordo con Bruxelles, se per sovrappiù la guerra dei dazi scatenata tra Stati Uniti e Cina rischia di contagiare mezzo mondo, ecco che la straordina­ria vocazione nordestina all’export, per paradosso, si trasforma in vulnerabil­ità.

L’incertezza la fa da padrona. In questo scenario, allora, occorre aggrappars­i a una certezza: la solidità del tessuto produttivo nordestino.

Qui si ritorna agli ultimi dati di Veneto Lavoro. Al di là della creazione dei 25 mila nuovi posti, balza all’occhio il raddoppio (da 30 mila nel 2017 a 60 mila nel 2018) delle trasformaz­ioni dei contratti a tempo determinat­o in indetermin­ato. Non importa tanto sapere se e quanto il Decreto Dignità abbia inciso. Il punto chiave è un altro: le imprese, grandi e piccole, hanno deciso di tenersi i lavoratori che loro stesse, nella maggior parte dei casi, avevano provveduto a formare. In altre parole, hanno scelto di investire (davvero) nel famoso capitale umano. Non finisce qui. La recente ricerca condotta da Cuoa, Adacta e Università di Padova sulle «imprese lepri», quelle cioè che hanno registrato performanc­e eccellenti anche nel decennio nero 2007-2017, mostra, ancora una volta, che gli investimen­ti sono la migliore ricetta anticrisi. Oltre a puntare sul capitale umano, l’84% di queste imprese ha scommesso sull’aggiorname­nto dei macchinari e sul digitale. Le associazio­ni confindust­riali e artigiane del Veneto sono state in prima fila nel chiedere la proroga di super e iperammort­amento. Guai a interrompe­re il processo di trasformaz­ione verso l’industria 4.0.

Insomma, le ricette sono sempre le stesse: flessibili­tà, qualità, innovazion­e. In questo senso, il «sistema Nordest» ha tutte le carte in regola per affrontare il mare agitato. Certo, meglio sarebbe evitare l’ennesima tempesta. Ci vorrebbe qualche segnale forte per il sostegno dell’impresa e della crescita. Il «popolo del Pil» chiede di non essere lasciato solo. Chissà che al governo qualcuno non ascolti il suo grido di dolore.

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