Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
INVESTIRE, LA RICETTA ANTI-CRISI
Ma come, la Banca d’Italia annuncia la recessione «tecnica» (Pil in calo per due trimestri consecutivi) e lo stesso giorno Veneto Lavoro comunica che nel 2018 sono stati creati 25 mila nuovi posti di lavoro? Le imprese, poi, non continuano a lamentarsi perché non trovano le figure professionali di cui hanno bisogno? In definitiva, stanno tornano i tempi bui oppure, come ha dichiarato Luigi Di Maio, superministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, l’Italia è addirittura «alla vigilia di un nuovo boom economico»?
La verità è che tutti gli indicatori, se non di recessione, parlano di un netto rallentamento anche per quel Nordest che pure è stato capace di uscire dalla Grande Crisi prima e meglio che il resto del Paese. In particolare, preoccupa la frenata delle esportazioni: il 2018 si chiuderà intorno a un modesto più 1%. Inevitabile. Se si fermano le economie di Germania, Francia e dell’Europa intera (che vale il 60% delle nostre vendite sui mercati internazionali), se si paventa lo spettro di una Brexit senza accordo con Bruxelles, se per sovrappiù la guerra dei dazi scatenata tra Stati Uniti e Cina rischia di contagiare mezzo mondo, ecco che la straordinaria vocazione nordestina all’export, per paradosso, si trasforma in vulnerabilità.
L’incertezza la fa da padrona. In questo scenario, allora, occorre aggrapparsi a una certezza: la solidità del tessuto produttivo nordestino.
Qui si ritorna agli ultimi dati di Veneto Lavoro. Al di là della creazione dei 25 mila nuovi posti, balza all’occhio il raddoppio (da 30 mila nel 2017 a 60 mila nel 2018) delle trasformazioni dei contratti a tempo determinato in indeterminato. Non importa tanto sapere se e quanto il Decreto Dignità abbia inciso. Il punto chiave è un altro: le imprese, grandi e piccole, hanno deciso di tenersi i lavoratori che loro stesse, nella maggior parte dei casi, avevano provveduto a formare. In altre parole, hanno scelto di investire (davvero) nel famoso capitale umano. Non finisce qui. La recente ricerca condotta da Cuoa, Adacta e Università di Padova sulle «imprese lepri», quelle cioè che hanno registrato performance eccellenti anche nel decennio nero 2007-2017, mostra, ancora una volta, che gli investimenti sono la migliore ricetta anticrisi. Oltre a puntare sul capitale umano, l’84% di queste imprese ha scommesso sull’aggiornamento dei macchinari e sul digitale. Le associazioni confindustriali e artigiane del Veneto sono state in prima fila nel chiedere la proroga di super e iperammortamento. Guai a interrompere il processo di trasformazione verso l’industria 4.0.
Insomma, le ricette sono sempre le stesse: flessibilità, qualità, innovazione. In questo senso, il «sistema Nordest» ha tutte le carte in regola per affrontare il mare agitato. Certo, meglio sarebbe evitare l’ennesima tempesta. Ci vorrebbe qualche segnale forte per il sostegno dell’impresa e della crescita. Il «popolo del Pil» chiede di non essere lasciato solo. Chissà che al governo qualcuno non ascolti il suo grido di dolore.