Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Etnofilmfest, buio in sala fra Eros e Thanatos
La rassegna dedicata al documentario a Monselice dal 30 maggio al 2 giugno. Gemo: «Riflessioni sulle pulsioni vitali»
Un documentario etnografico non è un documentario come se ne vedono tutti i giorni in televisione. Si tratta di un lavoro di alta qualità con una caratteristica fondamentale: deve essere girato da antropologi. Peccato che in Italia l’antropologia visuale sia poco studiata. In questa lacuna si inserisce il Centro studi sull’Etnodramma che promuove la dodicesima edizione dell’Etnofilmfest, dedicato alla produzione documentaristica italiana che si svolge dal 30 maggio al 2 giugno a Monselice, in provincia di Padova (ingresso libero). «L’anno scorso il tema era il corpo – spiega Fabio Gemo, direttore artistico del festival – mentre questa edizione seguirà come fil rouge “Eros e Thanatos”, un’evoluzione rispetto ai lavori dell’anno precedente. Eros non è inteso solo come erotismo, come comunemente si crede, ma come pulsione vitale fondamentale che si confronta con Thanatos, cioè la morte, sulla quale manca una riflessione profonda. L’Entofilmfest sarà dedicato a Luigi Di
Gianni, padre del documentario etnografico scomparso recentemente». Al festival parteciperanno dieci documentari scelti da una rosa di circa 400, tutti prodotti in Italia. La giuria è composta da Donatella Davanzo, una delle antropologhe documentariste più conosciute, Luca Immesi, specializzato in Filmmaking alla New York University, e Eduardo Masset, creatore del Festival Internacional de Cine de la Patagonia. Proprio il festival della Patagonia riproporrà alcuni dei lavori che partecipano all’evento di Monselice, mentre il prossimo anno a ospitarli sarà il Messico. Ma veniamo al ricco cartellone. «Ad aprire le danze sarà Saturno Buttò con la mostra “La morte di Re Tsongor”, curata da Barbara Codogno, il 30 maggio alle 18.30 a Villa Pisani – riporta Gemo – Buttò è uno dei massimi pittori contemporanei. Non è un caso che il festival si apra con lui. La prima opera per la Biennale è un quadro, a significare il ritorno del figurativo. Buttò si rifà all’arte sacra attualizzandola, proponendo l’erotico sommerso». Uno sguardo alla Cina verrà dato da Adriano Madaro che il 1 giugno alle 16.30 nell’ex chiesa di Santo Stefano tratterà «Il culto dei morti in Cina» mentre lo stesso giorno alle 18 al Museo San Paolo lo psichiatra Vittorino Andreoli parlerà di pulsioni, amore, vita e morte. Da non perdere Cecilia Mangini alle 10 al Museo San Paolo il 1 giugno, che ha alle spalle oltre 40 documentari e l’esordio con di Pier Paolo Pasolini nel 1958. Chiuderà il festival il documentario D’amore si vive di Silvano Agosti, regista e scrittore, il 2 giugno alle 21 al Museo San Paolo.